Nelle parole di Marco Petrini, responsabile Avsi dei progetti in Libano, ricorre spesso l'espressione "approccio dignitoso" nelle emergenze umanitarie. E dignità è una parola emersa più volte nel corso del convegno "Cosa chiede l'emergenza profughi alle società plurali? Tra Oriente e Occidente, esperienze di incontro in atto", che si è tenuto il 13 novembre a Milano.

L'evento si è svolto nell'ambito del Comitato tecnico operativo di Avsi, che, dall'11 al 15 novembre, riunisce la fondazione con i suoi partner internazionali per favorire lo scambio di esperienze e l'approfondimento di alcuni temi critici dell'attualità, quali, per esempio, la crisi siriana. In questa sede l'emergenza è stata affrontata sia dal punto di vista delle ripercussioni geopolitiche sui Paesi mediorientali, sia delle criticità sul versante dell'intervento umanitario.

Dignità, si diceva. Domande e provocazioni, nel corso degli interventi, hanno ruotato spesso intorno a questo concetto: è dignitoso parlare in Italia di emergenza profughi mentre un Paese come il Libano, 4 milioni di abitanti, sta accogliendo quasi un milione di persone dalla Siria? E non è forse un approccio "dignitoso" quello perseguito da Avsi, che sta avviando le prime decine di rifugiati siriani in Libano a lavori socialmente utili per le comunità locali che li hanno accolti?

Dignità è il termine adottato nella sua testimonianza anche da Samaan Daoud, ex guida turistica siriana, oggi vittima della guerra civile come milioni di suoi connazionali. Daoud ha riferito dei colpi di mortaio che cadono sulle case e sulle scuole mietendo vittime, della gente costretta a ritirarsi nelle cantine dei palazzi, dei ragazzini siriani che rivendicano con orgoglio la scelta di non abbandonare il proprio Paese: "Perché restando qui possiamo mantenere la nostra dignità di persone, altrove ne saremmo privati".
Verità è l'altra parola chiave emersa nel dibattito. Come per esempio quando Maria Laura Conte, direttrice editoriale di Fondazione Oasis, ha citato il romanzo di Amin Maalouf "I disorientati", ricordando che per i profughi la sconvolgimento peggiore non viene dalla perdita del passato, ma dall'assenza di un futuro.

Allo stesso modo, i contributi di Paolo Magri, direttore dell'Istituto di studi di politica internazionale ISPI, e di Alberto Piatti, presidente di Fondazione Avsi, sono stati improntati alla ricerca della verità: ripercorrendo le tappe delle Primavere arabe dal 2011 in poi nell'intervento del primo, ricordando la semplice evidenza del ripudio della guerra come mezzo di soluzione delle controversie, nelle parole del secondo.

Infine Gian Micalessin, inviato di guerra e autore di reportage scritti e filmati (qui il video presentato nel corso dell'incontro), ha ricordato quanto la mistificazione della realtà da parte dei Paesi occidentali abbia contribuito alla disgregazione della società siriana fino alle attuali, terribili conseguenze.

Una discussione stimolante, molti interrogativi sollevati, poche ma fondamentali le certezze acquisite: l'emergenza in Siria, nei Paesi limitrofi e nell'Occidente tutto non arriverà mai a soluzione senza verità e dignità per profughi, rifugiati, fuoriusciti e sfollati.

Per maggiori informazioni consultare il sito: www.avsi.org