Raif Badawi, il blogger che in Arabia Saudita è stato condannato a 1000 frustate e 10 anni di carcere.
Dopo la strage di Parigi, molti hanno invocato o preteso che il cosiddetto "islam moderato" si facesse avanti, battesse un colpo. Senza forse rendersi conto che, oltre un certo limite, anche quella legittima invocazione invocazione rischiava di diventare pretestuosa, forse anche ipocrita.
Perché di "islam moderati" ce ne sono almeno due. Il primo è quello della gente comune, dei musulmani che per questa o quella ragione vivono in mezzo a noi. Per quanto riguarda loro, l'islam moderato er presente e ben visibile già nella strage: dei 20 morti di Parigi, due (il poliziotto freddato in strada e il fattorino ucciso nei locali di Charlie Hebdo) erano musulmani. Integrati, pacifici, regolari. Più che moderati, quindi, come milioni di altri loro compagni di fede che incrociamo giorno per giorno. Tra l'altro: in Francia i musulmani sono l'8% della popolazione, mentre i musulmani uccisi dai terroristi di Parigi erano il 10% del totale delle vittime. Si può persino dire che l'islam moderato era sovrarappresentato nel computo dei morti.
Il secondo islam moderato è quello dei Governi, delle nazioni, delle cancellerie e della diplomazia. E qui siamo sicuri che i nostri Governi, le nostre cancellerie davvero lavorino per aiutare e incrementare l'islam moderato? In teoria sì, nella pratica un po' meno.
Prendiamo il caso della Libia. Nel 2011, quando il Paese era in preda alla guerra civile, furono i nostri Paesi a decidere di intervenire, e la Francia di Sarkozy si mise in prima fila. Possiamo dire che oggi in Libia governi un islam più moderato del precedente? No pare proprio. Altrettanto si può dire della Siria: come lo fu a lungo Gheddafi, anche Assad è un dittatore crudele e senza scrupoli. Ma anche qui, visto che siamo intervenuti fornendo armi e quattrini e aiuti ai ribelli, possiamo oggi dire che stia per affermarsi un regime più tollerante del suo e, soprattutto, una visione dell'islam più moderata di quella che vigeva quando il regime era forte?
Ma il caso più clamoroso è quello dell'Arabia Saudita. Il regno del petrolio ha espresso solidarietà alla Francia nelle prime ore dopo la strage. E il giorno dopo (alla lettera) i suoi boia hanno inferto le prime 50 frustate a Raif Badawi, un giovane blogger colpevole di aver animato un sito che discuteva, da un punto di vista legale, le sentenze dei tribunali locali. Badawi è stato condannato a mille (mille!) frustate, dieci anni di carcere e 225 mila euro di multa e nessuno di quelli che cercano l'islam moderato ha fatto un fiato.
Si dirà: eravmo tutti sotto shock per Parigi. Giusto. Ma l'Arabia Saudita (lo Stato che i grandi giornali italiani normalmente definiscono "Paese islamico moderato") è da decenni il principale sponsor dell'islam più radicale e del terrorismo. C'era lo zampino saudita nel regime dei talebani dell'Afghanistan (riconosciuto ufficialmente solo dai governi sauditi e pakistani), nella guerriglia dei ceceni, nei rifornimenti di armi che per un certo periodo sono arrivati ai ribelli filo-Al Qaeda della Siria, negli attentati che a lungo hanno colpito gli sciiti in Iraq. E c'è lo zampino saudita anche nelle azioni di Boko Haram in Nigeria.
Lo sanno tutti, non è un segreto. Come non è un segreto che il wahabismo, cioè la forma di islam che in Arabia Saudita è religione di Stato, è la forma meno moderata di islam oggi esistente al mondo. Ma avete mai sentito una critica? Avete mai visto una marcia? Avete sentito una tirata contro l'estremismo islamico quando l'esercito saudita ha soffocato con la violenza e nel sangue le proteste per avere maggiore democrazia dei cittadini di un altro Stato, il Bahrein?
Pensiamo anche a queste cose quando invochiamo l'islam moderato e ci chiediamo che cosa stiano facendo i musulmani moderati. Forse si stanno mettendo al riparo dalle armi che i nostri Governi hanno venduto o regalato ai regimi che di moderazione non vogliono sentir parlare.