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venerdì 24 gennaio 2025
 
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Credere

A salvarci è l'amore di Cristo e non il dolore

23/03/2023  Tante rappresentazioni della Via Crucis esaltano la sofferenza di Gesù. Ma dobbiamo ricordare che quella sofferenza è un segno e dimostrazione dell’amore, ha ricordato il cardinale Cantalamessa

Cari amici lettori, siamo a Quaresima inoltrata e molti di noi avranno avuto occasione di partecipare a una tipica devozione di questo tempo: la Via Crucis. Un “esercizio spirituale” che ci fa ripercorrere, con le sue “stazioni”, i principali momenti della passione e morte di Gesù. Confesso di provare un certo disagio di fronte a certe raffigurazioni della Passione del Signore, in cui si sottolinea in modo insistito la sofferenza di Cristo, il dolore, lo strazio di un supplizio atroce. Cosa vera, ma che rischia anche di portarci a una comprensione unilaterale dell’evento centrale della nostra salvezza. Penso alle raffigurazioni di tanta arte popolare, o anche a un film come The Passion di Mel Gibson, con l’insistito e quasi compiaciuto indugiare sulla flagellazione (quasi 30 minuti!), il sangue che scorre, e via dicendo. Per questo mi ha confortato leggere la meditazione di Quaresima che il cardinale Raniero Cantalamessa ha tenuto al Papa e alla Curia romana lo scorso 17 marzo. Il frate Cappuccino, noto anche grazie ai commenti ai Vangeli su Rai1, ha riflettuto sui tre grandi misteri della fede cristiana, la Trinità, l’Incarnazione, la Passione. Riguardo a quest’ultimo mistero si chiedeva se era possibile che «piaghe, croce e dolore, fatti negativi e, come tali, solo privazione di bene, possano produrre una realtà positiva qual è la salvezza di tutto il genere umano». Ed ecco la risposta, che faremmo bene a meditare e rimeditare: «La verità è che non siamo stati salvati dal dolore di Cristo, ma dal suo amore»: più precisamente, «dall’amore che si esprime nel sacrificio di se stesso, dall’amore crocifisso». Naturalmente, ha proseguito il cardinale, il dolore di Cristo conserva tutto il suo valore «e la Chiesa non smetterà mai di meditare su di esso: non, però, come causa, per se stesso, di salvezza, ma come segno e dimostrazione dell’amore». Infine, ha precisato, «questo toglie alla passione di Cristo una connotazione che ha sempre lasciato perplessi e insoddisfatti: l’idea, cioè, di un prezzo e di un riscatto da pagare a Dio — o, peggio, al demonio! — o di un sacrificio con cui placare l’ira divina». Idea, purtroppo, ancora diffusa e che è all’origine di certe spiritualità malsane. Quello che c’è da contemplare nella Passione di Cristo è l’amore di Colui che «dà la vita per i suoi amici» (Giovanni 15,13) più che lo “spettacolo” del dolore. Del resto, come ha spiegato Cantalamessa a proposito del mistero dell’Incarnazione, «Dio non ha bisogno di essere amato per esistere»: Dio ha deciso l’Incarnazione «non per avere uno che lo ami in modo degno di sé, ma per avere qualcuno da amare in modo degno di sé». A partire da questa rivelazione di Dio come amore, si illumina in modo adeguato anche il mistero della Passione di Cristo che meditiamo in modo speciale in questo tempo.

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