Le Dolomiti di San Candido tornano a fare da scenario alla fortunata serie televisiva Un passo dal cielo, in onda su Rai 1 dal 17 gennaio, per 10 serate. In questa quarta serie c’è una grossa novità: non ci sarà più il personaggio di Pietro, interpretato da Terence Hill (che si è ritirato per riposare e stare di più con la famiglia), ma subentra Daniele Liotti nei panni di Francesco Neri, nuovo capo della Forestale. Una bella responsabilità per l’attore romano che così commenta: «Non l’ho vissuta come una sostituzione perché è un personaggio nuovo. Così come la serie, pur mantenendo il paradigma degli anni passati, ha altri personaggi che ruotano intorno alla vita del protagonista. Certo sarà inevitabile che il pubblico faccia dei paragoni, ma fa parte del lavoro. Già in passato mi ero dovuto misurare con il grande Marcello Mastroianni quando ho recitato nel Bell’Antonio».
Apprezzava già Terence Hill come attore?
«Terence Hill è stato un fenomeno della mia infanzia. Sono cresciuto considerandolo un idolo, mi divertivo con i miei fratelli a rifare le scene dei suoi film. Questo ruolo è motivo di grande orgoglio per la mia carriera, io ho sempre cercato di fare cose diverse. Ho dato tutto me stesso in questa serie così bella e popolare, con grande umiltà, disciplina e preparazione».
Sapeva già andare a cavallo?
«Un po’, ma mi sono perfezionato esercitandomi con assiduità. Se guardavo al mio predecessore, che era un mostro nel cavalcare, mi dicevo che già sarebbe stato un grande obiettivo produrre metà della sua performance. Non è stato facilissimo, perché tutte le scene che dovevo girare con il cavallo sugli altipiani prevedevano pericoli, terreni impervi. Durante le riprese dall’alto con il drone capitava che il cavallo si spaventasse. Io ero felice come un bambino con il suo giocattolo, credo che il cavallo sia un animale meraviglioso, che avverte i nostri stati d’animo».
Che tipo di rapporto ha con la montagna?
«Abbiamo girato per quattro mesi tra le montagne. Un ambiente che prima non conoscevo, per le vacanze ho sempre preferito il mare o le città d’arte. All’inizio la montagna mi ha spaventato. È dura, mi dava un senso di impotenza. A poco a poco mi è entrata dentro, e mi ha sorpreso per la sua magia, la sua grandezza. Tanto che dopo dodici ore di set me ne andavo a fare una passeggiata con il cavallo o la bicicletta. Uno dei luoghi più belli è la palafitta sul Lago di Braies, dove vive il mio personaggio, una perla incastonata tra le montagne. Lì ho trovato la pace della vista e dei sensi».
Che tipo di personaggio è Francesco Neri?
«Un uomo che ha dei blocchi di comunicazione a causa di un passato doloroso. Suo figlio di sette anni è morto e la moglie è scomparsa. Prima lavorava nei corpi speciali dell’esercito e sceglie questo nuovo incarico come spartiacque per cambiare vita. All’inizio si impone più con l’azione e il decisionismo. A poco a poco rivela il suo tratto più umano e fragile e gli altri cominciano a capire che è un uomo che soffre. In questo passaggio sono fondamentali la collaborazione con il commissario di polizia Vincenzo Nappi e con una ragazza, Emma, di cui si innamora».
Lei ha recitato molti ruoli diversi. Tra cui quello di un santo, Antonio da Padova. Che cosa le ha lasciato quell’esperienza?
«Mi trovavo in una cittadina nel Nord della Spagna dove si svolgevano le riprese. Non credevo di farcela e avevo mille dubbi, e alla fine dissi che non me la sentivo. Ormai liberato da un peso mi affacciai alla finestra dell’albergo e mi accorsi che la via in cui mi trovavo era proprio calle Sant’Antonio. Ebbi una sensazione stranissima, come una vertigine, e presi il telefono per dire che avevo cambiato idea. Mi feci fare la tonsura ai capelli, rifiutando un parrucchino, e una volta indossato il saio mi guardai allo specchio e provai una fortissima emozione. Mi sentivo completamente messo a nudo. Ero guidato da questa percezione e ogni giorno scoprivo qualcosa sia del personaggio sia di me. Da quel momento, quando devo prendere una decisione importante, cerco quel tipo di sensazione più di pancia».
È stato anche un cattivo in Squadra mobile...
«Era la mia prima volta nei panni di un poliziotto corrotto e senza scrupoli. Mi ha divertito e fatto crescere artisticamente. La gente mi fermava per strada per dirmi che ero davvero una canaglia».
E ora che cosa le piacerebbe interpretare?
«Dopo tanti eroi e personaggi in costume, mi piacerebbe il ruolo di qualcuno più vicino a me, io sono un ragazzo scanzonato e semplice. Mi manca un po’ la commedia romantica per avere un po’ più di leggerezza».