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venerdì 11 ottobre 2024
 
Belgio
 

Abusi e adozioni forzate. Le scuse di Francesco in Belgio: «Questa è la nostra vergogna, la nostra umiliazione»

27/09/2024  Il Papa affronta il tema degli abusi e dei bambini strappati alle ragazze madri dagli anni Cinquanta ai Settanta. Assicura che la Chiesa continuerà a fare chiarezza perché questa è una "vergogna per la Chiesa e bisogna chiedere perdono". E, mentre si impegna in un percorso di purificazione, chiama l’Europa a combattere l’inverno demografico e l’inferno delle guerre. In serta l'incontro con 15 vittime di abusi

In una nazione che ha visto il vescovo Roger Vangheluwe, vescovo di Bruges, ridotto dallo stato clericale proprio nei giorni in cui il Pontefice annunciava il suo viaggio a Bruxelles, dopo che già nel 2010 aveva confessato le sue colpe, nel castello di Laeken (nella foto l'arrivo del Papa), si torna a parlare di quella «indicibile tragedia degli abusi sessuali nella Chiesa». Lo fa il re che, pur ammettendo che la Chiesa ha «intrapreso azioni concrete per combattere queste turpi violenze» chiede di continuare a continuare gli «sforzi con determinazione e senza sosta: è imperativo». Denuncia i ritardi, Filippo Leopold Lodewijk Maria, dicendo chiaramente che «c’è voluto così tanto tempo perché le loro grida d'aiuto venissero ascoltate e riconosciute. C’è voluto così tanto tempo per cercare la via, per “riparare” l’irreparabile». Lo fa il Papa parlando di «Chiesa santa e peccatrice», e di «dolorosa controtestimonianza» e assicurando che «la Chiesa sta affrontando con decisione e fermezza» questa «piaga». Parla di «vergogna, la vergogna che noi oggi tutti noi dobbiamo prendere in mano, chiedere perdono e risolvere il problema. La vergogna degli abusi, degli abusi minorili. Noi pensiamo al tempo dei santi innocenti, diciamo che tragedia, cosa ha fatto Erode?. Ma oggi nella stessa Chiesa c’è questo crimine e la Chiesa deve vergognarsi e chiedere perdono e cercare di risolvere questa situazione con umiltà cristiana». Il Papa spiega che qualcuno gli porta le statistiche che dicono che la maggioranza degli abusi avviene in famiglia, nel campo sportivo, ecc. Ma Francesco dice con fermezza che, nella Chiesa «uno solo è sufficiente per vergognarsi, nella Chiesa dobbiamo chiedere perdono per questo, gli altri chiedano perdono per la loro parte. Ma questa è la nostra vergogna e la nostra umiliazione». In serata il Papa ha incontrato 15 vittime di abusi mentre altre 65 gli hanno scritto lettere personali.  Tra i presenti anche lo scrittore Jean-Marc Turin, 78 anni, che ha raccontato in un libro gli abusi subiti da parte del clero quando era bambino.

E, insieme con gli abusi, entrambi parlano di un’altra grande tragedia, quella delle adozioni forzate, di quelle mamme separate dia loro piccoli appena nati perché “colpevoli” di non avere un marito. Ad alcune di esse non è stato neppure detto che i loro bambini venivano adottati, ma è stato fatto credere loro che le loro creature erano nate morte. «Sono stato rattristato dal fenomeno «delle adozioni forzate avvenute qui in Belgio rea gli anni Cinquanta e Settanta», dice Francesco. «In quelle spinose storie si mescolò l’amaro frutto di un reato e di un crimine con ciò che era purtroppo l’esito di una mentalità diffusa in tutti gli strati della società tanto che quanti agivano in base a essa ritenevano in coscienza di compiere il bene, sia del bambino che della madre. Spesso la famiglia e altri attori sociali, compresa la Chiesa, hanno pensato che, per togliere lo stigma negativo che purtroppo a quei tempi colpiva la madre non sposata, fosse preferibile, per il bene di entrambi, madre e bambino, che quest’ultimo venisse adottato».

Ferite che hanno allontanato i fedeli dalla Chiesa tanto che, quasi come era successo in Irlanda, passa quasi inosservato il viaggio di Francesco. Non ci sono le folle che, di solito, accompagnano gli spostamenti del Pontefice. Qui la gente vuole vedere passi concreti prima di tornare a fidarsi delle istituzioni ecclesiastiche.

«La Chiesa deve risolvere le ferite del passato», aveva aggiunto, cambiando lingua e parlando in olandese, Alexander De Croo, primo ministro belga. Nel dare il benvenuto al Papa, nella lingua dei fiamminghi che più di altri sentono forte il dramma degli abusi, aveva detto: «La fede dà sostegno a tanti, ma non possiamo ignorare le ferite dolorose che esistono nella comunità cattolica e nella società civile. I numerosi casi di abuso sessuale e di adozioni forzate ne hanno minato la fiducia. Lei si impegna per un approccio giusto ed equo, ma il cammino è ancora lungo. I ministri della Chiesa lavorano con convinzione e carità, ma se qualcosa va storto, non si può accettare l’insabbiamento. Nuoce al prezioso lavoro svolto da tutti. Ed è per questo che oggi non bastano le parole. Servirebbero dei passi concreti da compiere. Le vittime devono essere sentite. Devono occupare un posto centrale. Hanno diritto alla verità.
Le ingiustizie devono essere riconosciute. Giustizia deve avvenire. Non è solo un obbligo morale, ma anche un passo fondamentale per riconquistare la fiducia.
La dignità umana è prioritaria e non gli interessi dell’Istituzione. Per poter rivolgere lo sguardo in avanti, la Chiesa deve chiarire il suo passato».

«Come successore di Pietro», dice loro il Papa, «prego il Signore perché la Chiesa trovi sempre in sé la forza per fare chiarezza e per non uniformarsi alla cultura dominante, anche quando tale cultura utilizzasse – manipolandoli – valori che derivano dal Vangelo, per trarne però indebite conclusioni, con il loro pesante esito di sofferenze e di esclusioni».

Nel cuore dell’Europa il Papa torna a parlare, però, anche dei conflitti e delle guerre ricordando che «la concordia e la pace nn sono una conquista che si ottiene una volta per tutte, bensì un compito e ua missione incessante da coltivare, curare con tenacia e pazienza». E proprio dal Belgio, ponte tra l’area europea di matrice germanica e quella di matrice francese, dove ha sede il Parlamento europeo, Francesco chiama «L’Europa a riprendere il suo cammino, a ritrovare il suo vero volto, a investire nuovamente sul futuro aprendosi alla vita, alla speranza, per configgere l’inverno demografico e l’inferno della guerra». L'Europa, insiste, «ha bisogno del Belgio per portare avanti il cammino di pace e di fraternità tra i popoli che la compongono. Questo Paese ricorda a tutti gli altri che, quando – sulla base delle più varie e insostenibili scuse – si comincia a non rispettare più confini e trattati e si lascia alle armi il diritto di creare il diritto, sovvertendo quello vigente, si scoperchia il vaso di Pandora e tutti i venti incominciano a soffiare violenti, squassando la casa e minacciando di distruggerla. In questo momento storico credo che il Belgio ha un ruolo molto importante. Siamo vicini a una guerra quasi mondiale».

 
 
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