Don Pierluigi Di Piazza (a sinistra) con l'amico don Luigi Ciotti
“Sacerdote scomodo”, “prete di strada”, “attivista”, “progressista” : è stato definito in molti modi da chi ha sempre bisogno di etichettare, ma lui preferiva dire di sé: «Sono un uomo sempre in camino, con un cuore troppo piccolo per contenere tutte le sofferenze che mi sono state affidate». E ancora: «Mi sento laico, umile credente sempre in ricerca, prete per un servizio disponibile, disinteressato, gratuito nella comunità cristiana e nella società»; semplicemente un cristiano con la bussola sempre puntata al Vangelo.
Don Pierluigi Di Piazza si è spento domenica scorsa, all’età di 74 anni, là dove operava ininterrottamente da un trentennio, nel “Centro di accoglienza e di promozione culturale Ernesto Balducci”, da lui fondato nel 1989 a Zugliano, paese friulano dov’era parroco amatissimo.
Nato a Tualis di Comeglians (Udine) il 20 novembre 1947, è stato un testimone di accoglienza e di una chiesa che si fa prossimo, fautore instancabile della cultura della non-violenza, campione di ecumenismo e di appassionato impegno civile. Consacrato nel 1957, laurea in teologia, ha insegnato nelle scuole per un trentennio. Ma il suo nome è indissolubilmente legato al Centro. Qui ha accolto in 30 anni oltre un migliaio di profughi e migranti da oltre 50 Paesi del mondo, accompagnandoli in un percorso di integrazione, convinto com’era che non c’è vera accoglienza se non unita alla crescita culturale. Fra gli attuali cinquanta ospiti del centro, ci sono profughi dall’Ucraina, una famiglia siriana e una famiglia afgana arrivate nei giorni scorsi. Anche qui don Pierluigi era capace di distinguersi e di ricordare a tutti come si debba sempre amare l’umanità prima delle nostre appartenenze. E’ di poche settimane fa il suo monito: “E’ doveroso accogliere le persone in fuga e anche il Centro lo fa, come cerca di fare da 34 anni, ma è veramente disdicevole, vergognoso e disumano fare differenze tra le guerre e i profughi da accogliere, dimenticando con totale disumanità i drammi del Mediterraneo e quelli dell’inferno della Rotta Balcanica”. Per dire: il Buon Samaritano non guarda il passaporto.
In questa specie di “porto franco” della solidarietà e dell’accoglienza, che è il Centro il prete friulano, fin da subito, è diventato punto di riferimento per credenti e non credenti che si occupano di marginalità, di diritti, di pace. «L’indifferenza nei confronti del mondo che soffre – un giorno ci disse in un’intervista - è il grande male della nostra società; un virus che ha ammorbato anche la Chiesa. Gli ultimi ci interpellano, a iniziare dai migranti. L’esodo dai teatri di guerra sta causando migliaia di vittime, molte delle quali bambini periti in quel cimitero d’acqua che è diventato il Mediterraneo. E di fronte a ciò stiamo issando muri di cemento. È tollerabile nel cuore dell’Europa del XXI secolo una simile situazione?». Don Pierluigi non riusciva a darsi ragione di questo peccato d’omissione. «Altro che “radici cristiane”, il Vecchio Continente è in preda a una psicosi collettiva: la paura di perdere l’agiatezza, e intanto avanza l’intolleranza. Bisogna partire dai “margini”, ascoltare la voce di chi ha perso casa e patria, dei bambini, dei carcerati, dei malati, dall’“Altro sofferente” che ci insegna a smascherare potere e ipocrisie, “perfinoil ricorso a Dio per affermare che per sua volontà ci sono i primi e gli ultimi”.
Don Di Piazza ha fatto del Centro Balducci anche un importante riferimento di promozione culturale dove, in questi anni, si sono confrontati importanti testimoni del nostro tempo tra questi il Dalai Lama e il Nobel per la Pace Adolfo Pérez Esquivel. Di casa il teologo Vito Mancuso, il filosofo Massimo Cacciari e don Luigi Ciotti a cui era legato da amicizia fraterna. Ma anche tanti altri importanti esponenti della cultura, del giornalismo, della magistratura, dell’economia, del sindacato e della politica. Sul sito del Centro si legge : ”siamo in cammino con persone immigrate, profughe, rifugiate politiche che, vivendo con noi, ci fanno sentire insieme alle Tribù della terra e ci stimolano continuamente ad aprirci al mondo, a riflettere, a proporre incontri, ad allargare e a rafforzare la rete della conoscenza, della reciprocità, delle collaborazioni”. Per questo suo impegno dal 2004 era Membro Onorario della Commissione Interecclesiale Justicia y Paz di Bogotà e nel 2006 aveva ricevuto dall'Università degli Studi di Udine la laurea honoris causa in "Economia della solidarietà".