Molte persone in queste settimane mi chiedono cosa ne penso della guerra. È infatti inevitabile, e anche opportuno, che se ne parli. La cosa più grave in questo momento sarebbe l’indifferenza. Certo, colpisce il susseguirsi di eventi terribili così ravvicinati: non siamo ancora usciti dall’emergenza sanitaria da Covid-19 e ci troviamo piombati in uno scenario di guerra terribile e inimmaginabile. Non avremmo mai pensato di dover rispolverare l’antica preghiera della Chiesa che chiede a Dio di liberare l’umanità da guerra, peste e fame: «A peste, fame et bello libera nos, Domine». Ed effettivamente dopo il virus e il conflitto bellico sembra anche fare capolino all’orizzonte proprio la fame con il repentino innalzamento dei prezzi. Colpisce però anche il silenzio della gente rispetto a uno scenario di vita terribile, come se ormai fossimo adattati e disposti a subire tutto.
È preoccupante questa resa, questa sorta di rassegnazione, come se tutto ci scivolasse addosso senza provocare mai alcuna reazione. Gli orrori della guerra non sono purtroppo un evento nuovo e isolato: nel mondo ci sono scenari permanenti di guerra; sentiamo parlare per un po’ di tempo di guerra in Paesi lontani, fino a quando i mass media decidono di tenere accesi i riflettori su quell’area geografica, poi improvvisamente tutto si spegne e la gente è lasciata al suo destino.
Oggi, la guerra in Ucraina ci appare però più vicina e per molte ragioni, anche politiche, ci coinvolge. Abbiamo l’impressione che i grandi stiano giocando una partita rischiosa sulla pelle della povera gente. Mi colpisce soprattutto che quelle persone che vediamo nei servizi che ci arrivano dalla televisione sono persone innocenti che subiscono le conseguenze delle scelte scellerate dei potenti. Cosa possiamo fare? Questa è la domanda più frequente, perché ci sentiamo e siamo realmente impotenti. Molte persone stanno già facendo tanto: possiamo lavorare per l’accoglienza delle vittime innocenti della guerra, possiamo anche continuare a manifestare con forza per affermare che la guerra non è la strada per affrontare i conflitti tra i popoli. Speriamo soprattutto di non smettere di pensare, pregare e protestare quando forse i media decideranno di spegnere i riflettori per concentrarli da qualche altra parte, perché anche a telecamere spente, la gente continua a morire lo stesso!