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mercoledì 19 marzo 2025
 
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Carla Fracci, l'affascinante favola vera della "Duse della danza"

29/05/2021  Ha reso il balletto un sogno collettivo. Il condirettore Luciano Regolo traccia un ritratto appassionato di una persona dalle umili origini, ma dal talento infinito che ha calcato le scene e attraversato la vita con grazia, candore, generosità.

AI Salone del mobile 2017, il brand Lago ha esposto otto interni dedicati ad altrettante donne italiane. La camera "Carla Fracci" era tutta bianca, da un canto una spada, ricordo di una scena, da un altro la sbarra degli esercizi quotidiani mai smessi, un tutù adagiato su una poltrona, e una serie di scarpette, poste in sequenza: da quelle piccine, da bimba, in poi, simbolo del suo inarrestabile volteggiare nella danza. «Perché il bianco è il suo colore più amato?», le chiesi in un'indimenticabile colazione con lei e il marito al Four Season di Milano quello stesso anno. «Perché», mi spiegò, «per me è quello che più esprime gentilezza ed eleganza». Carla era una donna minuta, a prima vista poteva persino sembrare fragile. Ma quando ci si trovava davanti a lei, diventava grande, enorme. Il suo carisma consisteva in questo: in scena o nella vita, la classe dei suoi movimenti era riflesso di un "ritmo" interiore, che viene dall 'anima. Ecco perché Clives Barnes la definì sul New York Times "la Duse della danza" o il poeta Eugenio Montale, nel 1958, quando la Fracci divenne prima balIerina della Scala e John Cranko l'aveva scelta come protagonista nel suo Romeo e Giulietta per la Fenice di Venezia, scrisse che era una «Giulietta d'alto stile».

La storia di Carla, classe 1936, ha i contorni di una favola. Era figlia di un tranviere, Luigi e di Santina, bulIonista alla Innocenti di Milano, che vivevano in un casolare fuori città. Uno dei divertimenti di Carla da piccola era portare le ochette al torrente, un altro muoversi al suono della musica, anche il liscio, quando, la domenica, i suoi andavano a ballarlo nelle balere sul laghetto Redecesio. «Non pensavo di fare la ballerina, ma un 'amica di famiglia, moglie di un violinista della Scala, disse: "Questa bimba ha il senso del ritmo, fatele fare l'esame d'ammissione alla Scuola di danza della Scala"». E così fu, Carla vi entrò a 9 anni. Ma è solo a 15 che decide che quell'arte sarebbe diventata la sua vita: «Facevo la comparsa in La BellaAddormentata, vidi danzare Margot Fonteyn e pensai: "Voglio diventare come lei". E stata per me un modello e un riferimento importantissimo. Non dimenticherò mai il balletto in cui io interpretai Giulietta e lei mia madre, donna Capuleti. Fu una situazione quasi simbolica, intensa per entrambe. Grazie a Margot ho capito subito che l'amore per la danza annulla la fatica».

 

Carla si diploma nel 1954, poi prosegue la sua formazione con stage avanzati a Londra, Parigi e New York. Tra i suoi maestri c'è anche la grande coreografa russa Vera Volkova (1905-1975). Dopo solo due anni dal diploma diviene solista, a quattro è prima ballerina e, dalla fine degli anni '50, inanella moltissime apparizioni in Italia e nel mondo. Quando balla, per Carla non esiste null'altro, è una cosa che tutti, anche i profani del balletto avvertono. È grazie a lei se tanti italiani si avvicinano alla danza classica. Lei si concentra solo sulle emozioni e le frasmette in pieno al pubblico. Nel ' 59, per la prima volta, interpreta per il Royal Festival Hall di Londra Giselle, forse il personaggio che più ha amato e quello che, più di tutti, l'ha consegnata al la storia della danza. La Giselle, che danza con Erik Bruhn, ispirerà un film nel 1969. Carla condividerà il palcoscenico con altri partner di fama mondiale, come Nureyev, Batyshnikov e Amodio, lavorando ai grandi classici, da Il lago dei cigni a Coppelia.

Regista di molte delle opere che interpreta è Beppe Menegatti, l'uomo che sposò nel 1964, S 'incontrano per la prima volta in sala prove, alla Scala, un decennio prima. Raccontava Carla: «Beppe venne con Luchino Visconti. Era il suo assistente per Mario e il mago, un balletto di Mannino. Che però fu rimandato di un paio d'anni. Ma l'anno dopo, nel 1955, per il mio passo d'addio, Beppe c'era. E anch'io, ricordo, andavo in teatro, a vederlo provare, dalla balaustra. Erano i tempi di Visconti e della Callas: Vestale, Sonnambula, Traviata. Una stagione di collaborazioni straordinarie: Giulini, Bernstein. Circostanze come quelle... ci vorrà un bel po' di tempo perché possano ripresentarsi. Beppe era al centro di tutto questo e a me sembrava... irraggiungibile. Mi ha permesso di spaziare, mi ha dato ruoli drammatici e lirici, mi ha fatto uscire dagli stereotipi. Paola Borboni era furiosa quando seppe che ci saremmo sposati. Diceva che la danzatrice deve rimanere casta e libera. Sgridava Beppe: "Lasciala stare! Lei profuma l'Italia!" Poi però, quando nel 1969, nacque nostro figlio Francesco, loro due fecero pace. Desideravo tanto diventare madre, anche se all'epoca era una cosa insolita per una ballerina».

 

Oggi Francesco, laureato al Politecnico, è architetto e ha regalato ai genitori due nipoti di cui vanno fieri. Beppe ha ideato e diretto anche I have a dream-l care, in cui, nel 2008, Carla ha interpretato Madre Teresa di Calcutta, la santa che entrambi conobbero all'aeroporto di Palemo. Mi raccontò Menegatti: «C'era uno sciopero degli addetti ai bagagli e restammo molte ore nella sala passeggeri. Suo fratello che viveva nel capoluogo della Sicilia era un grande fan di Carla. Offrimmo alla religiosa un bouquet che avevano dato a Carla, spiegandole che era l'omaggio riservato alle ballerine. E lei sorridendo ci disse: "Lo so, me lo ha offerto ieri anche una bambina che era in punto di morte". Stupito le chiesi come mai sorridesse a tutta dentatura parlando di una piccola defunta. E lei, senza battere ciglio: "Sono felice perché penso che ora è già davanti al mio Signore"».

Alla fine degli anni Ottanta la Fracci ha diretto il corpo di ballo del Teatro San Carlo di Napoli con Gheorghe lancu, dal '96 al '97 quello dell'Arena di Verona, e dal 2001 , assieme al marito, quello del Teafro dell'Opera di Roma. Nel '94 diventa membro dell'Accademia di Belle Arti di Brera, nel 2003 Cavaliere di Gran Croce della Repubbica e un anno dopo Ambasciatrice di buona volontà della FAO. Ultraottantenne non aveva smesso di danzare e di trasmettere la sua arte alle giovani ballerine: «Perché», amava ripetere, «come diceva la mia amica Rita Levi Montalcini, l'errore più grosso è andare in pensione».

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Dalla Scala al Teatro dell'Opera di Roma, l'omaggio a Carla Fracci
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