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domenica 13 ottobre 2024
 
l'analisi
 

«La società italiana non è in pace ma la Chiesa c’è e ha le porte aperte»

25/09/2023  Il cardinale Zuppi ha aperto il Consiglio permanente della Cei affrontando diversi temi, dalla guerra in Ucraina all’immigrazione, dai femminicidi alla povertà e alla denatalità. Denuncia la presenza nella Chiesa di «tristi e sterili polarizzazioni e di troppe resistenze» verso papa Francesco. E sull’immigrazione: «L’errore, non da oggi, è stato quello di politicizzare il fenomeno condizionati dal consenso e dalle paure»

La guerra in Ucraina, le migrazioni, i femminicidi, la povertà e la denatalità, i working poor e le morti sul lavoro, la crescita della violenza tra i giovani e la sessualità. Dice che «la società italiana non è in pace», ma che la Chiesa c’è, riesce a mobilitare intelligenze ed energie, ed «è una casa dalle porte aperte».

Il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, ha aperto lunedì pomeriggio a Roma i lavori del Consiglio permanente dei vescovi italiani, che si concluderanno il 27 settembre prossimo, e ha tracciato un’ampia analisi dello scenario italiano ed internazionale. «Non si può pensare all’Italia isolata dall’Europa e dal resto del mondo», ha esordito il cardinale subito dopo l’omaggio al presidente Napolitano, di cui martedì mattina si celebrano i funerali in forma laica nell’aula di Montecitorio e che domenica ha ricevuto la visita a sorpresa di papa Francesco.

«Non siamo una minoranza residuale ma una minoranza creativa», ha detto riprendendo una celebre definizione di Benedetto XVI: «La Chiesa in Italia è una Chiesa di popolo». Il cardinale ricorda che la Chiesa è «una famiglia tra le famiglie, una casa con le porte aperte», e l’oceano di giovani che ha affollato la Gmg di Lisbona, dove le 65mila presenze italiane sono state «una sorpresa rispetto alle previsioni».

Nella Chiesa, però, «ci sono tristi e sterili le polarizzazioni», ha denunciato Zuppi menzionando, in particolare, le “troppe resistenze” verso Papa Francesco e il suo messaggio, «spesso espresse in uno spirito di contrapposizione, favorito dai social». Sinodalità, al contrario – il riferimento al Sinodo ormai imminente che si aprirà il 4 ottobre – «vuol dire rimettere in discussione le arroccate solitudini ecclesiali nell’incontro, nella comunione, nell’ascolto, nell’impegno missionario enorme che ci attende confrontandoci con la folla e le sue sofferenze. Mai senza l’altro».

Per il presidente della Cei, «il processo sinodale è una grande occasione di rinnovamento e affratellamento». Zuppi ha affrontato diversi temi dell’attualità: «La povertà in Italia può dirsi ormai un fenomeno strutturale, visto che tocca quasi una persona su dieci», ha detto evidenziando i problemi più urgenti, quello della casa e del rincaro affitti, per affrontare il quale «vanno sollecitati interventi pubblici». Per contrastare la denatalità occorrono inoltre «servizi integrati sul territorio a sostegno delle famiglie, non solo aiuti materiali».

Altri fenomeni di cui tener conto, quello degli “working poor”, del lavoro nero e delle dimissioni dal lavoro, soprattutto tra i giovani. Senza contare le vittime degli incidenti sul lavoro, che come ha detto il presidente Mattarella sono un «oltraggio alla convivenza civile».

Il Consiglio permanente della Cei riunito a Roma

Sul fronte internazionale, il cardinale Zuppi – inviato speciale del Papa in Ucraina, Russia, Stati Uniti e Cina – ha ricordato che il conflitto in corso è «un dramma alle porte dell’Europa che ci riguarda tutti, come uomini e donne di questo tempo, prima ancora che come cittadini europei. L’azione del Santo Padre per la pace, oltre alle sue parole, ci ricorda che tutti dobbiamo agire e pregare per la pace. Ci ricordiamo sempre degli ucraini e continuiamo a sostenerli in Ucraina o in Italia, esuli dalla loro terra», ha ribadito il cardinale ringraziando «le tante famiglie che hanno dato disponibilità per accogliere i bambini ucraini. È tempo che le armi cessino. È tempo di tornare al dialogo, alla diplomazia. È tempo che cessino i disegni di conquista e di aggressione militare», l’appello prendendo in prestito le parole di Papa Francesco.

Infine, Zuppi si è soffermato sul tema dell’immigrazione: «Le guerre, il degrado ambientale, l’insicurezza, la miseria, il fallimento di non pochi Stati sono all’origine dei flussi di rifugiati e migranti. Si tratta di gestire con umanità e intelligenza un vasto fenomeno epocale». Secondo Zuppi, «l’errore – non da oggi – è stato politicizzare il fenomeno migratorio, anche condizionati dal consenso e dalle paure». La questione migratoria, invece, «dovrebbe essere trattata come una grande questione nazionale, che richiede la cooperazione e il contribuito di tutte le forze politiche», la proposta in sintonia con l’auspicio di Bergoglio a Marsiglia, «in piena continuità» con le tappe di Bari e di Firenze.

Come ha detto il Papa, «siamo di fronte a un bivio: o scegliamo la cultura della fraternità o la cultura dell’indifferenza». Di qui la necessità di «una concertazione tra le forze politiche e sociali indispensabile per creare un sistema di accoglienza che sia tale, non opportunistico, non solo di sicurezza perché la vera sfida è governare un fenomeno di dimensioni epocali e renderlo un’opportunità così come esso è».

Grazie all’iniziativa della Cei “Liberi di partire, liberi di restare” e ai corridoi umanitari, «è stata possibile l’apertura del primo canale legale di ingresso per minori stranieri non accompagnati attraverso un permesso di studio (progetto Pagelle in tasca) dal Niger all’Italia, specificatamente in Piemonte».

Il cardinale Zuppi ha poi sottolineato che l’aumento dei femminicidi, dei suicidi e delle violenze tra i giovani, amplificati dal tam tam dei social, sono uno dei segnali che indicano come «la società italiana non è in pace. Tutto avviene diversamente dal passato in pubblico: nella “fornace” dei social, spietati e agonistici», ha osservato il cardinale: «Nessuna generazione prima ha conosciuto quest’esperienza: ci si deve autodefinire, si deve mettere il volto e il corpo in mostra, si misurano quanti ti seguono. È facile sui social sbagliare e finire alla gogna, segnati dall’ansia, alimentata dalla crisi dei grandi sogni collettivi e da reti educative e relazionali molto più fragili».

Per questo è necessario riflettere sul tema dell’educazione, che «non è un’emergenza ma è la quotidianità della vita della Chiesa. Forse è tempo perché anche noi credenti troviamo il coraggio di parlare di sessualità senza infingimenti, nella prospettiva dell’integrazione tra vita umana e vita spirituale».

 
 
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