In questo tempo in cui pian piano riprendiamo attività e impegni, mi sono ritrovato anche a continuare gli incontri di accompagnamento con le persone, sia nella direzione spirituale che nella confessione. Un aspetto che mi ha subito colpito e che ha cominciato a interrogarmi è stata la presenza, molto più marcata del solito, della tristezza. Ci siamo infatti tutti ritrovati davanti a nuove difficoltà. Il mondo non è come lo avevamo lasciato. Ci sono molti interrogativi, tante incertezze. Problemi di natura economica, difficoltà organizzative e preoccupazioni per il futuro stanno generando nuove paure. Mi sono chiesto allora come considerare questa presenza della tristezza nella vita delle persone. Si tratta di un sentimento che si presenta con i tratti della delusione, dello scoraggiamento e della mancanza di speranza. Andando a fare qualche ricerca, mi sono accorto che un padre del deserto come Evagrio Pontico, e poi anche Cassiano suo discepolo, considerava la tristezza come un vizio capitale. Nella lista dei vizi, che si è strutturata nella Chiesa d’Occidente, non troviamo la menzione della tristezza eppure, guardando bene, essa costituisce un veleno pericoloso che può inquinare la nostra vita. Come qualche persona mi ha fatto giustamente notare, noi non decidiamo di essere tristi, ma ci ritroviamo, a volte anche con ragione, a sentirci desolati. La tristezza ci invade senza preavviso. In effetti, il suggerimento che troviamo nella tradizione spirituale è quello di diventare innanzitutto consapevoli di questo veleno che il mondo può riversare dentro di noi. Di conseguenza, dobbiamo reagire immediatamente: il peccato nasce quando diamo spazio alla tristezza e assecondiamo i pensieri che sono generati da essa. Possiamo vincere la tristezza facendo memoria delle cose belle che abbiamo vissuto in precedenza, riconoscendo che la nostra vita non è fatta solo di preoccupazioni e delusioni. Possiamo reagire provando a fare qualcosa di bello, qualcosa che ci piace e ci dà soddisfazione, senza rimanere fissati sul pensiero che genera tristezza. Ma soprattutto possiamo pregare chiedendo la grazia della gioia e della pace, un invito che infatti troviamo spesso nelle lettere di san Paolo.
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