Il cartello apparso su tutte le case della zona di Milano dove c'è stata l'esplosione (foto Giusi Galimberti).
«E’ stato come una bomba. Poco prima delle nove di mattina, stavamo ancora dormendo. I vetri delle finestre sono esplosi: uno degli spaventi più grandi della mia vita». Chi racconta è Monica, che cammina nervosamente insieme alla figlia Elettra e osserva il cancello sprangato del suo cortile. «Ci sono vetri dappertutto. Anche i box sono inagibili».
La scena si ripete in diversi caseggiati, anche a un paio di isolati dalla casa di via Brioschi 65 a Milano, esplosa con un infernale boato avvertito per chilometri e chilometri in varie zone di Milano.
Una fuga di gas, si dice ma è in corso un’inchiesta, e per le persone che abitavano al terzo piano non c’è stato scampo. Tre i morti. Una coppia originaria della provincia di Macerata: Riccardo Maglianesi, 27 anni, che stava facendo un Master alla Bocconi, e la sua fidanzata Chiara Magnamassa, esperta di calzature, arrivati a Milano dopo gli studi per trovare lavoro nel settore della moda, che tanto li appassionava. Tanti sogni in comune spezzati.
E poi una giovane mamma, Micaela Masella, 43 anni, una grande passione per la danza che era diventata lavoro: si occupava degli eventi del Centro studi coreografici del Teatro Carcano, una delle più importanti scuole di balletto di Milano.
Le sue bambine, 7 e 11 anni, si trovano ora al Niguarda, coperte di ustioni, e sono tra i feriti gravi di questo incidente, come anche il marito Giovanni e un’intera famiglia rumena di sei persone.
Ci aggiriamo tra le rovine del palazzo distrutto e il senso di disperazione e paura si percepisce ancora negli occhi della gente, anche di chi vive appena lì vicino e si sente partecipe della disgrazia. Cercano di capire se mai avevano incontrato quei ragazzi, magari all’Esselunga lì vicino, al bar o in parrocchia. Poteva succedere a loro.
Per molte famiglie saranno giorni difficili. Anche se luce, gas e acqua sono state ripristinate dai vigili del fuoco nelle palazzine lì intorno, tanti non potranno tornare a casa per chissà quanto tempo. Vigili e protezione civile ci assicurano che ben 18 famiglie sono state ospitate dal Comune o presso parenti.
Due signore entrano in uno dei portoni sigillati, il casco di protezione in testa, scortate dai vigili del fuoco. «Sono le inquiline che sono in affitto nel mio appartamento. Ieri ero qui, ma loro non c’erano, erano via per il weekend. Ovviamente non avevo le chiavi. Non sappiamo in che stato è l’appartamento. Stanno salendo a vedere, ma è molto pericoloso».
Una signora dice alla polizia: «Mi sono dimenticata gli anelli: potete andarli a prendere, sono sul comodino», le lacrime agli occhi. Con i giornalisti non vuole parlare. La devastazione della sua casa e il dolore per i vicini si leggono nel tremore delle sue mani.
Una signora passa e attacca un foglietto su ogni portone e sui negozi della zona. C’è scritto: <Giovedì accendi una candela sul davanzale delle tue finestre. Facciamo sentire che il nostro quartiere è vicino alle famiglie delle vittime dell’assurdo incidente successo domenica”.
Chiediamo, ma non si tratta di un’iniziativa della parrocchia. Nessuno ne sa nulla. Forse è proprio di quella signora che passa con pazienza e amore di casa in casa.