La distribuzione di materiale scolastico da parte di Coopi ed Expertise humanitaire et sociale ai bambini di un campo per sfollati.
La Repubblica democratica del Congo rappresenta uno dei grandi, scandalosi paradossi del nostro pianeta: una terra ricchissima di risorse naturali e del sottosuolo, bellissima dal punto vista paesaggistico, eppure lacerata da incessante instabilità, conflitti interni e un'incolmabile disuguaglianza socio-economica. A Goma, nella provincia orientale del Nord Kivu, dal panorama mozzafiato del Lago Kivu con le sue ville e i suoi resort di lusso immersi nel verde, in una manciata di minuti di auto si piomba in una realtà gli antipodi, quella degli sterminati insediamenti di tende e baracche ammassate cresciuti intorno alla città, popolati dalle migliaia e migliaia di sfollati fuggiti dai villaggi via via occupati con la violenza dal gruppo armato ribelle M23.
«Il contesto della provincia del Nord Kivu è segnato da una serie di elementi caratterizzanti: il primo fra tutti è il conflitto armato, che oppone l'esercito governativo alla ribellione del gruppo armato M23, attivo nell'Est del Paese». A fare un quadro della situazione odierna del Nord Kivu, dalla loro sede a Goma, sono Emmanuel Ilunga Mubamba e Clément Papy Nkubizi, rispettivamente capo progetto e capo della missione della Ong italiana Coopi in Repubblica democratica del Congo. La rilbellione, spiegano, non ha niente a che vedere con ragioni etniche o religiose: è una lotta prettamente economica, per il controllo delle risorse minerarie del Paese. Dal 2022 il conflitto ha conosciuto una ripresa (dopo anni di inttività) e dal febbraio scorso ha avuto una pesante recrudescenza, provocando una grave crisi umanitaria e alimentare associata al problema degli sfollati che vivono in assoluta precarietà negli accampamenti (si calcola che in Nord Kivu gli sfollati siano più di 2,5 milioni, solo nella città di Goma più di 600mila). Una situazione ancora più difficile ora, nella stagione delle piogge in Nord Kivu, con gli scrosci torrenziali quasi quotidiani che riempiono di acqua e fango gli insediamenti, peggiorando le condizioni igienico-sanitarie degli sfollati.
«Gli altri elementi che caratterizzano Goma e il Nord Kivu sono il terrorismo, l'alto tasso di criminalità, dalle rapine a mano armata ai sequestri. E ancora, le manifestazioni violente di gruppi di cittadini contro la presenza della Monusco, la missione di peacekeeping delle Nazioni Unite in Repubblica democratica del Congo. Le eruzioni vulcaniche del Monte Nyiragongo, a circa venti km dalla città di Goma, uno dei più attivi al mondo». A maggio del 2021, ricordano dalla Ong, un fiume di lava prodotto da un'eruzione ha investito la periferia nord della città provocando almeno 31 morti e la fuga di circa 20mila persone che si sono ritrovate sfollate. Infine, tra le calamità, va ricordata il vaiolo delle scimmie (Monkey pox), una malattia molto grave e contagiosa che ha messo in allerta sanitaria la provincia.
In questo contesto così complesso e difficile Coopi opera da quasi mezzo secolo: la Ong fondata a Milano da padre Vincenzo Barbieri è presente in modo continuativo ed è ben radicata in Repubblica democratica del Congo dal 1977, dove svolge attività di protezione, prevenzione e contrasto della malnutrizione e promozione della sicurezza alimentare, con particolare attenzione alle donne vittime di violenza di genere, ai bambini reclutati come soldati e ad altre violazioni dei diritti umani.
Nel Nord Kivu, in particolare, Coopi è impegnata in un progetto multisettoriale che ha l'obiettivo di migliorare le condizioni di vita degli sfollati e di tutte le persone colpite dal conflitto armato agendo su due fattori: il contrasto alla denutrizione dei bambini fino a 5 anni - un problema grave e diffuso che compromette la crescita dei più piccoli - e l'istruzione scolastica dei bambini sfollati che vivono in alcuni insediamenti e che, altrimenti, avrebbero difficoltà ad accedere alla scuola. La Ong opera sul campo con un partner locale, l'organizzazione Expertise humanitaire et sociale. Il progetto è partito a luglio scorso e ha la durata di un anno. In questi mesi - come riconoscono molti degli stessi beneficiari, le famiglie sfollate, le madri di bambini salvati dalla denutrizione - molti passi avanti sono stati compiuti e l'intervento della Ong italiana ha già fatto la differenza. Ma tanto resta ancora da fare, per aiutare i più piccoli, i più vulnerabili, le prime vittime di uno dei grandi conflitti dimenticati del mondo, a crescere in sicurezza e avere un futuro. Per informazioni: www.coopi.org
(Foto in alto: alcuni membri di Coopi RDC con le mamme e i loro bambini curati dalla denutrizione nell'Ospedale generale regionale di Nyiragongo)