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martedì 11 febbraio 2025
 
Tra fiction e realtà
 

Crazy for football, la storia vera dietro il film con Castellitto

31/10/2021  L'avventura di Crazy for football è una storia vera, il personaggio interpretato da Sergio Castellitto si chiama in realtà Santo Rullo, uno psichiatra con una lunga storia di passione per il calcio e per le persone

Nel suo profilo twitter Santo Rullo si presenta così: «Interista, psichiatra, curioso delle vite degli altri, incurante della propria, due figli, ma una sola moglie». L’ordine non deve essere casuale. E infatti il progetto Crazy for football, che sta alla base prima di un documentario omonimo e poi del film interpretato da Sergio Castellitto, in onda su RaiUno il primo novembre, è una sua creazione e mette insieme la sua passione di nerazzurro da legare, per dirla con la parafrasi di un titolo famoso, con il suo mestiere (e sapere) di psichiatra convinto sostenitore della Legge Basaglia. Crazy for football è la nazionale di calcio a cinque che recluta in tutta Italia ragazzi in cura o in trattamento presso servizi territoriali di salute mentale che giocano bene a calcio. Sono selezionati su tutto il territorio nazionale, si allenano come una vera squadra, grazie alla competenza e severità dell’allenatore Enrico Zanchini e del preparatore atletico Vincenzo Cantatore, e partecipano a competizioni nazionali e internazionali. La loro attività ha un valore anche scientifico perché un comitato scientifico dedicato si occupa di analizzare e monitorare risultati, effetti e benefici dell’attività sportiva sulla salute mentale.

Il film con Castellitto è solo l’ultima tappa del successo di Crazy for football, prima, nel 2017, c’era stato un documentario omonimo all’interno del quale Santo Rullo descriveva così l’avventura della Nazionale che nel 2016 si preparava per partecipare al primo Mondiale per disabili mentali in Giappone: «Da bambino volevo fare l’allenatore della Nazionale, il Mondiale in Giappone è la realizzazione di un sogno, ma non solo del mio: spesso le persone con patologia psichiatrica hanno sogni che diventano incubi. Questo è un sogno vero che per alcune persone si realizza». L’importanza dell’esperienza, spiega, va al di là della partecipazione alla competizione e del successo in campo: «Prima di tutto queste erano persone che stavano su una panchina ad aspettare che passasse la giornata, ad aspettare l’iniezione di neurolettico una volta al mese, in una parola ad aspettare la morte. Con il calcio hanno riscoperto la relazione, il fatto che per giocare si deve passarsi la palla: significa ritrovare la memoria emotiva di prima, quando erano ragazzi, giocavano, e non erano malati».

In squadra ci sono persone di età diverse, con patologie di differenti di varia gravità, c’è chi prende psicofarmaci da quando era ragazzino; chi si è danneggiato in un passato di stupefacenti; chi sente le voci e manifesta schizofrenie tipiche e atipitiche; chi teme il contatto fisico. Santo Rullo è nato ne 1961, si è laureato in medicina e specializzato in psichiatria, è medico responsabile Amministrazione di Roma Capitale, è stato primario Psichiatra presso una Casa di Cura Neuropsichiatrica di Roma e Coordinatore di un Centro Collaboratore con l’Organizzazione Mondiale della Sanità ed è convinto che lo sport rappresenti un’importante coadiuvante terapeutico, oltreché un importantissimo fattore di contrasto nei confronti dello stigma sociale che ancora accompagna la patologia psichiatrica. A chi in una precedente intervista gli chiedeva le ragioni della funzione terapeutica del calcio, rilasciata a  Maria Leduisi, di Mediterraneocronaca.it, spiegava che «lo sport rappresenta da un lato un’opportunità per osservare lo stretto rapporto che lega le tre dimensioni che connotano la salute psicofisica dell’essere umano: mente, corpo e vita sociale; dall’altro lato rappresenta un luogo dell’azione e della relazione contrapposto ai “non luoghi” del disagio mentale e dell’isolamento. Lo sport è facilmente accessibile, stimola l’autostima e l’autoconsapevolezza, incoraggia la socializzazione, l’appartenenza al gruppo e la coesione sociale, in particolare in situazioni di vulnerabilità e fragilità».

La storia di Crazy for football ha in realtà radici lontane, che affondano assai più indietro del 2016 e del primo Mondiale giocato quando l’esperienza è stata portata a conoscenza del grande pubblico: era il 2004 quando Francesco Trento e Volfango De Blasi, con la collaborazione di Santo Rullo, realizzavano un documentario intitolato Matti per il calcio, nel qualche si raccontava l’esperienza del Gabbiano, una squadra di calcio a 5 composta integralmente di pazienti psichiatrici che cercavano sul campo una nuova integrazione. Quell’esperienza conosciuta all’estero aveva affascinato alcuni psichiatri giapponesi che nel 2015 incontrarono Rullo, vennero a Roma a conoscere da vicino la sua attività e tornarono in patria intenzionati a organizzare in patria un Mondiale di calcio a 5 per persone con patologie psichiatriche. Dalla partecipazione al Mondiale sono nati il documentario Crazy for football, che nel 2017 è stato premiato con il David di Donatello e il libro omonimo, entrambi firmati dagli stessi autori che avevano fatto conoscere la storia del Gabbiano. Volfango De Blasi è anche il regista e autore del soggetto del film Rai in onda il primo di novembre 2021. In mezzo c’è stata tanta strada, su tutto un altro Mondiale a 9 squadre è stato giocato in casa e vinto dall’Italia nel 2018, mentre quello del 2020 è stato rinviato causa Covid. Intanto però sono ripartite le selezioni, prossima tappa il 6 novembre a Bari. Tutte le informazioni sono disponibili sul sito ufficiale di Crazy for football. Le selezioni sono aperte a ragazzi con patologia psichiatrica certificata provenienti da tutta Italia. La rosa dell’Italia si compone di 25 giocatori.

La squadra si riunisce periodicamente in diverse città d’Italia per preparare il Mondiale, altrimenti detto per via del sogno di cui si parlava in precedenza: Dream World Cup (Coppa del mondo dei sogni). I raduni, sul modello di quelli della Nazionale maggiore di calcio, durano in genere cinque giorni e si svolgono quattro volte l’anno, prevedono visite mediche, allenamenti, svago e partite amichevoli. I destinatari della convocazione, che avviene con largo anticipo, ricevono l’equipaggiamento e si spostano con i servizi messi a disposizione dell’organizzazione. Santo Rullo in virtù di questa sua attività è presidente dell’International football committee on mental health. E quando qualcuno del pallone che conta gli fa i complimenti per il suo calcio “integrato”, risponde sorridendo: «Noi facciamo calcio con una squadra composta integralmente di “matti”, siete voi a fare calcio integrato, almeno a giudicare da certe reazioni che si vedono sui campi che contano dopo una sostituzione, accanto a tanti sani qualche matto c’è anche sui vostri campi».

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