Una scena di "Questo mondo non mi renderà cattivo", dal 9 giugno su Netflix
Le sue graphic novel vendono centinaia di migliaia di copie e raggiungono le vette delle classifiche, la serie animata su Netflix Strappare lungo i bordi è stata la produzione italiana più vista: stiamo parlando di Michele Rech, in arte Zerocalcare, nelle cui creazioni a fumetti si riconoscono diverse generazioni, dai teenager ai cinquantenni Alla Fabbrica del vapore di Milano c’è stata la mostra Zerocalcare. Dopo il botto, con oltre 500 tavole originali, video, bozzetti, illustrazioni. La mostra, ideata da Silvia Barbagallo e curata da Giulia Ferracci, ha riscosso un notevole successo ed è stata oggetto anche di visite didattiche. È lì che lo abbiamo incontrato, in occasione della sua venuta a Milano per firmare i cataloghi della mostra. Ha il volto di un ragazzino, occhi chiari e limpidi, lo sguardo un po’ smarrito. Segue una filosofia punk per cui occorre astenersi da tabacco, alcool e droghe, cioè tutto ciò che altera la coscienza. Quando gli diciamo che è un modello per le giovani generazioni si schermisce: «Sono così allo sbando che non mi sento il modello di nessuno. La mia vita è un casino, sono un disastro nelle relazioni, solo nel lavoro funziono». E forse è proprio per questo disorientamento, questa incarnazione attraverso le sue vignette della fragilità umana, della ricerca di senso, che le sue storie sono così popolari. Alter ego del suo personaggio è un armadillo. «L’ho scelto perché è l’animale sociopatico per eccellenza, il più introverso, e anche perché al Bioparco di Roma la sua gabbia è all’esterno, quindi è l’unico animale che si può ammirare senza pagare il biglietto». Nato nel 1983 a Cortona da padre italiano e madre francese, si è poi stabilito a Roma nel quartiere Rebibbia dove vive tutt’ora. L’incontro con il fumetto da bambino: «Mi sono nutrito di Topolino, il Corriere dei piccoli, e poi i Ronfi, Pinky di Mattioli. Ero una specie di bimbo prodigio che sapeva riconoscere gli stili dei diversi disegnatori nelle storie di Topolino. Ho cominciato presto a disegnare, e mi sono ispirato per i tratti dei miei personaggi ad Akira Toriyama, il creatore del manga Dragonball». A 17 anni partecipa al G8 di Genova. «Fu un’esperienza traumatica, e anche per rielaborarla ne ho tratto un fumetto, il primo che è stato pubblicato, in forma di poster, e il ricavato è andato a finanziare le spese processuali dei manifestanti sotto inchiesta». I centri sociali, che frequentava, si accorgono di lui come fumettista e cominciano a commissionargli diversi lavori. È sostanzialmente un autodidatta, dopo il liceo ha fatto un tentativo breve di frequentare la facoltà di Lingue e ha seguito per poco tempo un corso di fumetto. Parallelamente alla sua esperienza artistica ha compiuto diversi viaggi in Medio Oriente per manifestare la sua solidarietà al popolo curdo. «Il primo nel 2014 a Kobane assediata dall’Isis voleva essere solo una testimonianza, ma poi ne ho tratto il fumetto che è stato pubblicato su Internazionale. Ho pensato che fosse il modo migliore per sensibilizzare i giovani sul dramma di questo popolo. Da allora i curdi mi hanno eletto a loro paladino e nel 2021 mi hanno invitato a fare un’altra missione a Shengal, all’interno del territorio iracheno, dove la popolazione perseguitata degli Ezidi ha organizzato una comunità democratica, autogestita, multiculturale e all’insegna della parità tra uomo e donna». Il rocambolesco viaggio è raccontato nel suo ultimo libro a fumetti, No Sleep Till Shengal (Bao Publishing) . Sicuramente grazie a Zerocalcare il fumetto sta conoscendo una rinnovata popolarità, e sono sempre più numerose le case editrici che inaugurano collane di graphic novel. «In Italia ci siamo accorti più tardi rispetto ad altri paesi che il fumetto non è solo un genere, ma un vero e proprio linguaggio, con cui si possono raccontare diversi tipi di storie. Un linguaggio solo in apparenza semplice, ma che risulta ostico a chi sin da giovane non si è nutrito di vignette e baloon». Zerocalcare disegna a mano, e si avvale del computer solo per i ritocchi finali. «Ma non posso definirmi un vero artista, manco delle basi dei grandi illustratori, però so essere comunicativo e raggiungere il lettore». E ora su Netflix c’è la sua seconda serie dal titolo molto significativo: Questo mondo non mi renderà cattivo. Facile indovinare che sarà un altro grande successo.