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giovedì 12 settembre 2024
 
Crescere
 

Diventare adulti: "Ha nostalgia dell'età in cui era più spensierato"

20/04/2022  «Sono padre di tre figli. Il più grande ha 21 anni e ogni tanto facciamo delle uscite 'tra grandi'. L'altro giorno mi ha confessato di sentirsi sotto pressione, di non essere più felice e che non riesce più ad essere spensierato come quando era piccolo. Vorrei tanto aiutarlo...»

Sono padre di tre figli, un ragazzo di 21 anni, studente universitario, e due ragazze di 17 e 15 anni, che fanno le superiori. Mi capita qualche volta di uscire con mio figlio, “tra uomini”, per un aperitivo o una corsa insieme. L’altro giorno mi ha fatto un discorso che mi ha colpito. Mi diceva che sente con nostalgia il ricordo degli anni della scuola superiore, in cui si sentiva spensierato e allegro. È sempre stato un ragazzo abbastanza tranquillo e responsabile. Effettivamente studiava senza troppo impegno, con risultati dignitosi; praticava sport; usciva con gli amici. Era sempre allegro; qualche volta reagiva un po’ troppo a parole, specialmente con la mamma che gli chiedeva più impegno nello studio e più ordine in camera, ma bastava poco per farlo rientrare nei ranghi, e chiedeva anche scusa. A me non sembra cambiato più di tanto, ma lui invece mi dice che non si sente più come prima, è più pensieroso e preoccupato, non riesce più ad essere felice. Che cosa ne pensa? DOMENICO

— Caro Domenico, penso che tuo figlio stia facendo il suo cammino di crescita. Per usare un’immagine, sente di non poter più affidare ad altri il compito di definire l’itinerario di viaggio e di dare le indicazioni di guida, tenendo per sé solo quello di portare l’auto della sua vita ad andatura media.

Fuor di metafora, sta prendendo in mano i suoi progetti, la cui realizzazione dipende primariamente da lui, e si sta accorgendo di quanto ciò sia pesante e impegnativo. Il problema è che forse lui pensava che lo scopo della vita fosse essere felici, cioè tranquilli e spensierati come quando era ragazzino, riducendo le preoccupazioni a disturbi trascurabili. Le fatiche a momentanee stanchezze. Un’idea di felicità perfetta come se fosse una condizione stabile e non il risultato (mai conseguito una volta per tutte) di uno sforzo costruttivo, compiuto non da soli ma insieme ad altre persone. Probabilmente anche noi adulti abbiamo sostenuto l’idea che per essere felici bisogna realizzare sé stessi attraverso la soddisfazione di tutti i desideri.

La bacchetta magica più comune è il denaro. E guadagnare tanto, “fare i soldi” è l’obiettivo conclamato di tanti adolescenti e giovani adulti. Una visione ristretta e individualistica, che non considera che uno stabile benessere emotivo nasce in primo luogo dalle buone relazioni che una persona, a volte anche faticosamente, riesce a creare nel suo cammino di vita. Una visione ingannevole, della quale probabilmente siamo corresponsabili perché troppo spesso illudiamo i nostri figli fin da piccoli che sono esseri meravigliosi capaci di fare ogni cosa e che per questo vanno difesi a ogni costo da ogni contrarietà. Perché gli facciamo credere che possono superare ogni limite con un pizzico di impegno. Perché siamo più pronti a farci carico delle loro difficoltà che non a sostenerli nell’assolvimento dei loro obblighi. Perché abbiamo troppa paura delle loro sofferenze e facciamo di tutto per evitargli anche quelle minime. Col risultato che si trovano smarriti e sbalorditi quando iniziano la loro vita adulta e devono affrontare le prime vere difficoltà.

 
 
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