«Come si fa a non continuare
». Don Maurizio
Patriciello guarda indietro,
all’anno appena
trascorso. Un anno di
dolore, che si è portato
via anche suo fratello, morto di leucemia
il 19 settembre, «dopo nove mesi
di sofferenza atroce».
Il parroco di Caivano,
che ha avuto il merito di accendere
i riflettori sulla Terra dei fuochi,
in Campania, e sul malaffare che ha
inquinato terra e uomini negli ultimi
trent’anni, ha la voce affranta, ma
combattiva di chi ogni giorno sente
arrivare una notizia nuova di malattia
e di morte. «Come si fa a non continuare?
», ripete.
«Ogni giorno persone
giovani, bambini, una mamma di 35
anni con due figli morta di leucemia in
quindici giorni. Un figlio che mi chiede
di pregare perché il Signore chiami
a sé sua mamma stravolta dalla sofferenza.
Siamo davanti a un dramma
epocale e servono risposte serie, immediate,
concrete, urgenti».
- Don Maurizio, ma in questo anno
non è cambiato nulla?
«Avevamo cominciato con tante
speranze. Il 22 gennaio ero andato
dal presidente della Repubblica con
13 mamme che avevano perso i loro
bambini. L’allora ministro dell’Ambiente
Andrea Orlando si era impegnato
per fare qualcosa, il Governo
aveva messo in cantiere una legge che,
per la prima volta, ci faceva entrare
nel cuore della politica.
Almeno così pensavamo. In realtà ci si è fermati a
prevedere l’arresto dei piromani che
incendiano i rifiuti nelle campagne,
ma non si è messo mano al cercare i
mandanti, ad approvare la tracciabilità
satellitare dei rifiuti che dal Nord
arrivano al Sud.
I pentiti hanno spiegato
chiaramente come si fa a fare gli
imbrogli con il cosiddetto giro bollo
cartaceo. Ebbene, nonostante questo, è
ancora il giro bollo cartaceo che si usa
per i rifiuti. E poi c’è tutta la questione
dell’evasione fiscale, delle industrie di
pellame e tessuti che lavorano in nero
e che, nottetempo, sversano i loro rifiuti
nelle campagne».
- Quindi si continua a inquinare?
«Proprio così. Non è un problema
del passato. E mi meraviglio che al Senato non sia ancora stata approvata
la legge sull’inasprimento delle pene
per l’ecomafia. Una legge così andrebbe
approvata subito all’unanimità. Se
ci sono resistenze è perché qualcuno
vuol continuare a inquinare».
- C’è qualche buona notizia?
«Arriva dall’Europa. Proprio a dicembre
è stato accolto il ricorso che
abbiamo fatto – 61 persone e cinque
associazioni – alla Corte europea di
giustizia per i diritti dell’uomo perché
ritenevamo che lo Stato italiano
non avesse tutelato i suoi cittadini. E
proprio all’inizio di dicembre è arrivata
la multa di oltre 42 milioni di euro
perché l’Italia non si è ancora messa
in regola. Dispiace che siano soldi che
escono dalle tasche degli italiani in un momento di grave crisi economica, ma
fa piacere che ci sia il riconoscimento
che l’Italia non ha fatto il suo dovere
per la tutela del territorio e la salute
delle persone».
- Ma la bonifica è partita?
«Dobbiamo dire “per fortuna no”,
perché si è appena scoperto che la società
incaricata, la Tre Erre, faceva riferimento
a Buzzi. Mafia Capitale aveva esteso i suoi tentacoli fino alla Terra
dei fuochi. Sono questi gli intrecci che
vanno spezzati: la camorra ha fatto
affari con l’industria disonesta e la
politica è stata a guardare. I giovani,
la società civile, i magistrati, i volontari
stanno facendo di tutto. Anche la
stampa ha dato molta visibilità. Ma la
politica è la grande assente. Ed è la politica
che deve dare risposte serie».
- Lei ha fatto appello anche al presidente
Napolitano?
«Sì, ho chiesto che, prima della fine
del suo mandato, venga qua a deporre
un fiore sulla tomba dei nostri bambini,
anche come gesto simbolico da lasciare
al suo successore. E che dichiari che i
nostri morti di cancro e leucemia sono
vittime innocenti di ecomafia».