Tre esplosioni, tre avvertimenti espliciti contro tre sacerdoti della diocesi di Fermo, nelle Marche, impegnati per i più poveri e gli emarginati. L'ultima minaccia è avvenuta la notte scorsa, poco dopo le 23,30, diretta contro don Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco: una bomba rudimentale è scoppiata davanti al portone della chiesa di San Marco alle Paludi a Fermo, della quale don Albanesi è parroco. Non ci sono stati feriti, ma il portone, che era nuovo, è stato sfondato. Don Vinicio, che vive a Capodarco, è stato subito avvertito dagli abitanti vicini alla parrocchia.
«Prima di questa azione», racconta il parroco, «sono stati fatti scoppiare altri due ordigni, a distanza di un mese l'uno dall'altro: uno ha colpito l'abitazione dell'ex parroco della chiesa di san Tommaso di Canterbury, don Pietro Orazi, che dirige la Caritas diocesana, un'altra ha preso di mira l'abitazione dell'ex direttore don Sebastiano Serafini, che è attuale parroco di San Tommaso. Infine hanno preso come bersaglio me, che sono presidente di Caritas in veritate, la fondazione che gestisce tutta la Caritas diocesana». Quest'ultima esplosione è stata la più potente. «Ed è stato anche il gesto più esplicito, sfacciato e provocatorio: la chiesa all'esterno è tutta illuminata. Ho la sensazione che chi ha agito sappia perfettamente come ci muoviamo». Don Vinicio non se l'aspettava: oltre alle prime due bombe non c'erano state lettere minatorie, né altri segnali di avvertimento.
Eppure, per lui la spiegazione degli avvertimenti è chiara: «Si tratta di gente del posto, che conosce noi sacerdoti e la nostra opera. Fermo è in generale una cittadina tranquilla, vicina al mare. Ma qui c'è una zona malfamata, nella quale si sono fatti spazio prostituzione, spaccio di droga, furti: una sorta di territorio blindato. Quando uno cerca di aprire quel luogo chiuso, rompe lo pesudoequilibro creato dalla malavita, quindi dà fastidio a chi opera nell'ombra e nell'illegalità». Lungo il litorale, tra Porto San Giorgio e Porto San'Elpidio, si staglia un imponente agglomerato edilizio, Lido Tre Archi, che in principio era stato costruito come residence per le vacanze estive, una serie di palazzi nei quali che via via negli anni sono venuti ad abitare soprattutto stranieri.
«E' una zona pericolosa, per andarci devi essere accompagnato», spiega don Vinicio. «Gli appartamenti sono circa quattromila, d'inverno ci vive poco più di un migliaio di persone, d'estate il numero lievita vertiginosamente, arriva almeno a cinque-seimila. Lì dentro ci sono state anche delle sparatorie, qualche fatto di sangue. E' un luogo dove tanta gente trova rifugio pagando affitti bassissimi. La soluzione sarebbe cercare di bonificare e rivalutare questo complesso. Noi della Caritas operiamo su questo fronte: all'interno dell'agglomerato abbiamo attrezzato una struttura Caritas, per il doposcuola e una serie di attività per gli stranieri. L'impegno per me è un dovere». Lui non ha paura per la sua vita, non ha intenzione di farsi intimidire e fermare. «Ho un'unica preoccupazione ed è per la Comunità di Capodarco: se per colpire me dovessero rivolgersi contro persone fragili, che non possono difendersi».
(Foto Ansa)