Il vescovo di Trento monsignor Lauro Tisi al Festival della famiglia
Dove la famiglia sta bene, cresce la coesione sociale, i servizi, il livello di scolarizzazione, si fronteggia la denatalità. Ecco perché promuovere la famiglia mettendo al centro il suo benessere deve diventare un impegno politico e sociale. Lo dicono i numeri. Dai primi risultati di una ricerca dell’università di Trento, emerge come l’attrattività e il benessere di un territorio dipendano anche dalla qualità degli interventi a favore delle famiglie, che vanno valutati in modo scientifico e rigoroso per promuovere innovazione sociale.
La ricerca che valuta per la prima volta l’impatto sociale delle politiche a favore delle famiglie e della genitorialità messe in campo dalla Provincia Autonoma di Trento negli ultimi dieci anni, sulla qualità della vita, è stata presentata all’interno del Festival della famiglia, la kermesse che s’è svolta dal 28 novembre al 3 dicembre, a Trento, promossa dall’Assessorato alle politiche familiari della Provincia autonoma di Trento e coordinata dall’Agenzia provinciale per la coesione sociale.
«Rispetto alle nascite, i dati dicono che, pure in un contesto di denatalità, s’è rilevato un tasso di crescita, negli ultimi 18 anni, superiore ai dati del Nord-Est e della media italiana, e inferiore nel Paese solo a quello altoatesino”, spiega Mariangela Franch, docente senior dell’università di Trento, coordinatrice dell’indagine: “Nelle coppie che hanno già un figlio, aumenta la propensione a farne altri: nel 2021 le coppie con due figli erano il 47%, di più dell’Alto Adige (44%), e la percentuale delle coppie con più di due figli si alza al 14,6%, quasi come quello dell’Alto Adige che è del 17,5%. Quindi c’è un trend positivo della numerosità familiare».
Se passiamo all’indicatore sui posti disponibili per servizi verso la prima infanzia (nidi e scuole d’infanzia), che si traducono in qualità di vita per i genitori e posti di lavoro, si scopre che in Trentino la percentuale di bambini che ne usufruiscono è pari al 30%, staccando il Nord-Est, che è al 20% e ancor più la media italiana che è al 15%. “C’è stretta relazione anche tra qualità della vita e livello di scolarizzazione e qui i dati sono clamorosi: in Trentino il 35% dei giovani si laureano, con 20 punti in più rispetto all’Alto Adige, e allineandosi con la media europea”, osserva ancora la studiosa.
Venendo all’indicatore sulla coesione sociale: «Il Sole 24 ore pubblica annualmente una indagine sulla qualità della vita e nel 2021 il Trentino si è posizionato al primo posto nella categoria relativa al welfare sociale, servizi e ambiente. Questo traguardo – ha osservato Franch – è stato raggiunto anche grazie alle politiche familiari (Distretti famiglia, i Comuni family, il Family Audit) che hanno contribuito a sviluppare il benessere sul nostro territorio». Proprio riguardo all’impatto prodotto dalla certificazione Family Audit, Luciano Malfer, dirigente generale dell’Agenzia per la coesione sociale della Provincia autonoma di Trento, ha evidenziato che a fine 2021 c’è stata un’attivazione di 269 Piani aziendali (senza risorse pubbliche) e 6592 attività. «Tra gli aspetti positivi che la certificazione ha portato, c’è anzitutto l’incremento del benessere organizzativo tra lavoratori e lavoratici, visibile in molti indicatori: diminuzione dello stress psico-fisico e prevenzione del burn out; migliore conciliazione vita-lavoro; riduzione della diseguaglianza di genere e fruizione di servizi di welfare aziendale; minore disparità tra persone che hanno diversi carichi di cura; miglioramento delle relazioni; incremento della produttività, meno assenteismo, diminuzione del turnover. La certificazione ha avuto effetti positivi anche per le aziende, sul piano della competitività e nella crescita professionale del management, nella maggiore attrattività di talenti, nel rafforzamento della responsabilità sociale d’impresa e nella visibilità e attitudine all’innovazione organizzativa e tecnologica».
Anche il vescovo di Trento monsignor Lauro Tisi, alla cerimonia d’inaugurazione aveva sottolineato l’importanza di partire dal benessere familiare per impostare le politiche sociali ed economiche di un territorio: «La risorsa più grande che ha l’Italia - ha affermato - sono le famiglie, che aldilà dei problemi e dei vulnus che portano in esse, sono ancora la realtà più capace di adattarsi ai cambiamenti e alle crisi, oltreché essere un ammortizzatore sociale straordinario e capace di accogliere le fragilità in se stessa. E’ la risorsa relazionale che ti fa fare il passo avanti. L’Italia e l’Europa stessa stanno lì a dimostrarci che a fronte dello stanziamento di enormi risorse economiche, i problemi non si risolvono. Il percorso delle politiche familiari della Provincia, che è diventato un caso di studio europeo, invece sono state basate sulla risorsa relazionale, umana, che trasforma gli investimenti in progettualità, innovazione, creatività, e porta alla risoluzione dei problemi. E’ la famiglia, di qualunque tipo sia, il luogo decisivo per imparare che l’identità e il bene nascono dentro un “noi”».