Il parbuckling, ovvero l’insieme delle operazioni di raddrizzamento, rappresenta solo l’inizio. Spettacolare, certo. Ma è qualcosa di simile a un prologo. Che, come in ogni opera che si rispetti, presuppone un primo e un secondo atto. «C’è ancora molto da fare. In gergo tecnico si dice che la nave dev’essere winterizzata, cioè messa nelle condizioni di poter affrontare in sicurezza l’autunno e l’inverno. Bisogna collocare i cassoni sulla fiancata di dritta, verrà fatta rigalleggiare e poi spostata nel porto dove verrà smantellata».
Non perde l’accento toscano anche quando abbandona l’italiano per l’inglese. Dal 13 novembre 2010 a capo del Dipartimento nazionale della Protezione civile, Franco Gabrielli (53 anni, tre figli) gestisce – come commissario delegato dal Governo – la tragedia della Costa Concordia. «Quando lo scafo è tornato finalmente in asse», confida a Famiglia Cristiana, «il legittimo orgoglio perla riuscita di un’impresa pianificata nei minimi particolari ma non per questo scontata, minacciata com’era da tante variabili, è stato velato dalla tristezza. Ho pensato a Russel Rebello e a Maria Grazia Trecarichi, ancor’oggi ufficialmente dispersi.Ho pensato: chissà se il relitto ce li restituirà? Ho pensato ai loro cari. Ho pensato alle altre 30 persone che hanno perso la vita nel naufragio».
Tanto clamore lo infastidisce: «Prima non mi sentivo capo di un’associazione a delinquere; oggi non mi vivo come il salvatore della patria». Gabrielli vuole piuttosto richiamare l’attenzione su alcuni dati. «Le operazioni sono state coordinate da un team di 11 esperti guidati da un sudafricano. Ma nulla sarebbe stato possibile senza altre 500 persone.È stato un lavoro di squadra. Che ha visto inglesi, tedeschi, belgi lavorare fianco a fianco con tanti, tantissimi italiani competenti, creativi, tenaci». Non solo.«Il settore pubblico e quello privato hanno collaborato in maniera proficua.Al secondo vanno ricondotti la società armatrice, la Costa Carnival, che non è fuggita, a differenza del comandante della Concordia, e le compagnie di assicurazione,che hanno finanziato il progetto.Parliamo di un piano varato con un preventivo di 300 milioni di dollari e che, d’imprevisto in imprevisto, ha visto salire i costi fino a 600 milioni di euro. Lo Stato italiano, però, non ha messo neppure un centesimo».
La Protezione civile guarda avanti. «Sabato 28 e domenica 29 settembre oltre 3.200 volontari di 14 associazioni nazionali allestiranno stand in 215 piazze per sensibilizzare gli italiani sul rischio sismico.La campagna informativa (www.iononrischio.it) è giunta al terzo anno», annuncia Gabrielli. «È bene che tutti conoscano il grado di pericolosità del proprio territorio. E che sappiano se esistono piani di evacuazione, in modo da sapersi comportare in caso di bisogno». Ottobre e novembre, poi, sono mesi in cui il cielo può trasformarsi di colpo in un mortale nemico.«Piove sempre meno, ma sempre peggio. Capita che in meno di 24 ore le nubi rovescino tanta acqua quanto normalmente ne cade nell’arco di sei mesi. L’Italia vive il paradosso di ampie zone cementificate e asfaltate, altre diventate deserte e incolte(pensiamo a intere valli della Liguria,del Piemonte, della Lombardia, a molte aree appenniniche), di fiumi soffocati da case e strade. La miglior difesa è l’autoprotezione. Il che», precisa Gabrielli,«non significa: arrangiatevi. Se sto su un ponte durante una piena, o se mi piazzo sulla riva di un corso d’acqua che sta ingrossando o vado a pescare nel momento in cui il torrente esonda, metto a repentaglio me stesso, i miei cari, nel caso mi trovi lì con la mia famiglia, e anche coloro che devono venire in mio soccorso. Insomma, buonsenso o poco più».