Le religioni pregano lì dove, nel falso nome delle religioni, si è ucciso e distrutto. A Ground Zero, nel luogo che ricorda le vittime dell'11 settembre, con preghiere indù, buddiste, sikh, cristiane e musulmane, le religioni pregano insieme per la pace. Risuona per tutti la preghiera ebraica per i defunti prima che papa Francesco prenda la parola. Di fronte all'acqua che scorre verso il centro vuoto, Bergoglio ricorda che essa simboleggia non solo «le vite che stavano sotto il potere di quelli che credono che la distruzione sia
l’unico modo di risolvere i conflitti. E’ il grido silenzioso di quanti hanno
sofferto nella loro carne la logica della violenza, dell’odio, della vendetta.
Una logica che può produrre solo dolore, sofferenza, distruzione, lacrime». Ma l'acqua è anche simbolo «delle nostre lacrime. Lacrime per le
distruzioni di ieri, che si uniscono a quelle per tante distruzioni di oggi.
Questo è un luogo in cui piangiamo, piangiamo il dolore provocato dal sentire l’impotenza
di fronte all’ingiustizia, di fronte al fratricidio, di fronte all’incapacità
di risolvere le nostre differenze dialogando. In questo luogo piangiamo per la
perdita ingiusta e gratuita di innocenti, per non poter trovare soluzioni per
il bene comune. E’ acqua che ci ricorda il pianto di ieri e il pianto di oggi».
Poco prima papa Francesco aveva incontrato alcune famiglie dei primi soccorritori morti in servizio, «nei familiari, si può vedere il volto del dolore, un dolore
che ci lascia attoniti e grida al cielo. Ma, a loro volta, essi mi hanno
saputo mostrare l’altra faccia di questo attentato, l’altra faccia del loro
dolore: la potenza dell’amore e del ricordo. Un ricordo che non ci lascia
vuoti. Il nome di tante persone care sono scritti qui dove c’erano le basi
delle torri, e così li possiamo vedere, toccare e mai più dimenticarli. Qui in mezzo al dolore
lacerante, possiamo toccare con mano la capacità di bontà eroica di cui è anche
capace l’essere umano, la forza nascosta a cui sempre dobbiamo fare appello.
Nel momento di maggior dolore, sofferenza, voi siete stati testimoni dei più
grandi atti di dedizione e di aiuto. Mani tese, vite offerte».
Il Papa ricorda che in una città che può sembrare anonima, i cittadini sono stati capaci di grande solidarietà senza distinzioni di sangue, origine, quartiere, religione o scelta politica. «I pompieri di New York», ricorda Francesco, «sono entrati nelle torri che stavano crollando
senza fare tanta attenzione alla propria vita. Molti sono caduti in servizio e
col loro sacrificio hanno salvato la vita di tanti altri.
Questo luogo di morte si
trasforma anche in un luogo di vita, di vite salvate, un canto che ci porta ad
affermare che la vita è sempre destinata a trionfare sui profeti della
distruzione».
Il Papa auspica che la presenza, insieme, delle religioni sia un «segno potente delle nostre volontà di
condividere e riaffermare il desiderio di essere forze di riconciliazione,
forze di pace e giustizia in questa comunità e in ogni parte del mondo. Nelle
differenze, nelle discrepanze è possibile vivere in un mondo di pace. Davanti
ad ogni tentativo di rendere uniformi è possibile e necessario riunirci dalle
diverse lingue, culture, religioni e dare voce a tutto ciò che vuole impedirlo.
Insieme oggi siamo invitati a dire: “no” ad ogni tentativo uniformante e “sì”
ad una differenza accettata e riconciliata.
Per questo scopo abbiamo
bisogno di bandire i nostri sentimenti di odio, di vendetta, di rancore. E
sappiamo che ciò è possibile soltanto come un dono del cielo. Qui, in questo
luogo della memoria, ciascuno nella sua maniera, ma insieme».
E dopo un momento di silenzio papa Francesco invoca «il dono di
impegnarci per la causa della pace. Pace nelle nostre case, nelle nostre
famiglie, nelle nostre scuole, nelle nostre comunità. Pace in quei luoghi dove
la guerra sembra non avere fine. Pace sui quei volti che non hanno conosciuto
altro che dolore. Pace in questo vasto mondo che Dio ci ha dato come casa di
tutti e per tutti. Soltanto, pace.
Così la vita
dei nostri cari non sarà una vita che finirà nell’oblio, ma sarà presente ogni
volta che lottiamo per essere profeti di ricostruzione, profeti di
riconciliazione, profeti di pace».