Se la violenza contro le donne è costata nel 2013 130 vittime di omicidio, sono oltre un milione in Italia quante subiscono soprusi di ogni tipo. Non smettere di parlarne è fondamentale, ma “Le parole non bastano” è lo slogan scelto da Intervita Onlus per la campagna di informazione e raccolta fondi a favore delle donne maltrattate.
Fino al 20 marzo è possibile sostenerla con un sms di 2 euro al numero 45508. L’associazione, impegnata in Italia e all’estero a favore di bambini e donne, con questo progetto vuole garantire 3 sportelli di assistenza psicologica e sociale per le donne vittime di violenza, aperti 24 ore al giorno, nei Pronto Soccorso di altrettanti ospedali.
Nel novembre 2013, Intervita ha presentato la prima ricerca nazionale realizzata in Italia sui costi economici e sociali della violenza contro le donne. Basandosi sui dati della ricerca Istat 2006 (l’ultima disponibile) e su studi e parametri internazionali, si è stimato che ogni anno quasi 2,3 miliardi di euro di costi in servizi e oltre 14 miliardi in costi umani e di sofferenza siano le cifre di un fenomeno terribile.
Francesca Gafferra, dell’Università della Calabria, è la sociologa che ha condotto le interviste alle donne vittime incontrate per la ricerca Intervita, e spiega cosa si intenda per costi dei servizi: «Quelli delle forze dell’ordine, dei percorsi giudiziari che ne seguono, le spese per la salute e per le terapie psicologiche, i costi legali, la mancata produttività nel lavoro, le spese per i servizi sociali e i centri anti-violenza».
Aggiunge altri costi che le vittime affrontano, oltre a quelli della sofferenza: «Quando si allontanano dai loro persecutori, devono pagarsi un’altra casa. Spesso sono costrette a lasciare il lavoro, per sempre o a lungo, e le nostre leggi non offrono loro protezione su questo».
Quanto agli oltre 14 miliardi di euro di “costo umano”, li si è calcolati usando i parametri del risarcimento del danno biologico e morale nel caso di incidenti stradali: è una valutazione oggettiva del costo umano della violenza, che tiene conto delle conseguenze patite dalle vittime in temini di danni fisici, morali e biologici.
Osserva Francesca Gafferra: «Occorre investire maggiormente nella prevenzione. La nostra ricerca mostra che se lo Stato finanza occasionalmente servizi di aiuto, centri anti-violenza e case rifugio, sostiene solamente costi. La regolarità dei finanziamenti, invece, trasforma i costi in investimenti: se faccio educazione alla parità nelle scuole, poi non devo pagare il carcere per l’uomo violento. L’anticamera del crimine sono la violenza fisica e psicologica, la segregazione, la mancata parità tra uomini e donne, l’educazione diversa tra maschi e femmine. Su questi aspetti bisogna lavorare per tradurre i costi in investimenti: servono progettualità e collaborazione tra pubblico e privato. Insomma, occorre che lo Stato cambi registro nell’affrontare un problema così ampio e drammatico».