Il mare se lo porta dentro, Alessandro Zaccuri: da quando, bambinetto di cinque anni, si trasferisce con i genitori dalla natia La Spezia prima a Pavia e poi a Milano. «Deve essere qualcosa di genetico, uno non se ne accorge: ma appena vedo il mare… beh…», e sospira. «Ti dà l’idea che c’è sempre un aldilà, un “più in là” come scriveva il poeta genovese Eugenio Montale. Ricordo bene il nostro viaggio verso il nord: per la prima volta conoscevamo la nebbia e la neve. Eravamo impreparati: mi mandarono tra la neve con degli stivaletti di plastica», e ride di gusto. La scena la immagino come la stessi vivendo, perché Alessandro Zaccuri, giornalista e scrittore, ha un grande dono: sa raccontare e trasmettere con naturalezza le sue passioni. Per la letteratura, per l’arte, per tutto ciò che, nei secoli, l’essere umano ha prodotto nel tentativo di andare, appunto, «più in là». A tutto ciò si aggiunge un interesse particolare: quello per l’interpretazione. Ma andiamo con ordine.
LA STORIA NEL CASSETTO
Alessandro la prossima settimana presenterà in esclusiva ai lettori di Credere un suo racconto. Si intitola Le tre Marie: senza rivelare troppo, narra di tre amiche, dette Maria la Bella, Maria la Buona, Maria e Basta, cresciute insieme in un piccolo paese, tutte e tre con lo stesso nome e un diverso destino. «Nel 2019 ho scritto il romanzo Nel nome (NN Editore), in cui raccontavo questo nome universale, Maria, che è di tante ma che è di ciascuna in un modo particolare. All’epoca ero indeciso se scrivere una storia di invenzione oppure una storia di famiglia, quella che poi è diventata, con l’esperienza personale della sofferenza, quella di un ragazzo che a vent’anni perde la madre. Nel mio vissuto potevano rispecchiarsi in tanti, dato che l’esperienza del lutto ci accomuna tutti. La storia di invenzione è quindi rimasta lì nel cassetto ed era proprio questa delle tre Marie. Il racconto è anche legato alla mia devozione per Maria e per tutto quello che rappresenta: la presenza femminile nella storia della salvezza. Non solo come devozione per la Madonna lassù, unica e irripetibile, ma nella sua quotidianità materna e sponsale».
GESÙ, UN NARRATORE
Il raccontare è per Alessandro la forma privilegiata del comunicare, quella che poi si ritrova anche nei Vangeli: Gesù fa pochissimi ragionamenti teorici e invece racconta tante parabole. E qui arriva l’altra passione di Alessandro: l’interpretazione. «Il racconto, rispetto al ragionamento razionale, ti chiede l’interpretazione, cioè domandarsi cosa significhi quella storia lì, e non c’è mai un’unica risposta. L’interpretazione è necessaria perché la verità è inesauribile, è troppo grande per noi. Che non vuol dire che la verità non c’è o che è nascosta, ma vuol dire che ogni volta ne riceviamo in dono una parte e l’interpretazione serve a non illudersi di possederla tutta. È la grande lezione della Divina Commedia quando Dante dice: “Ti dirò com’è il volto di Dio”, e poi alla fine scrive “Ora che l’ho visto vi dico che non si può descrivere”. Non ti dice che non c’è, ma che si ottiene attraverso un dato di esperienza che per noi esseri umani è fatto di interpretazioni».
FORMATO NELLA FEDE
La devozione per Maria, l’amore per la Bibbia e l’interpretazione: Alessandro Zaccuri ha iniziato il suo percorso personale di fede incontrando nell’adolescenza la piccola comunità di don Carlo Calori, un sacerdote ed educatore amante della letteratura e molto conosciuto a Milano. «Il salto è iniziato lì. Nel mio lavoro di giornalista ad Avvenire sono sempre riuscito a verificare nell’esperienza il discorso della fede. Ho cercato di trovare in quello che succedeva nella cultura dei nostri anni la presenza della ricerca religiosa, che è molto forte, non sempre nel modo in cui i credenti se l’aspettano, magari è molto critica, di rovesciamento. Sono convinto che nella sua essenza originaria il messaggio di salvezza del Vangelo sia quanto di più umano e bello si possa immaginare. Il cristianesimo è una fede che ha molto a che vedere con il corpo: abbiamo fatto di tutto per spiritualizzare ogni cosa ma non ce l’abbiamo fatta mai del tutto, perché poi alla fine la promessa delle promesse è che i corpi risorgeranno. Su questa centralità del corpo bisogna riflettere». Chiedo ad Alessandro di consigliare ai lettori di Credere dei libri per l’estate: lo sento frugare entusiasta tra pile di libri.
VACANZA TRA I LIBRI
«Ho una passione per i libri brevi dei grandi autori, perché secondo me possono essere una chiave di accesso. Questo è un anno straordinario con le ricorrenze di due grandi, Dante e Dostoevskij. Non dico di portarsi in vacanza la Divina Commedia (ma perché no poi!) ma la Vita nuova di Dante sì, provando a leggerla per quella che è, cioè una piccola storia d’amore in cui si scopre che nessuna storia d’amore è piccola. E poi le Memorie del sottosuolo di Dostoevskij. Consiglio anche uno scrittore che per me è molto importante e che considero un po’ il mio maestro: Ferruccio Parazzoli, che ha pubblicato Una vacanza romana (Rizzoli). C’è poi la nuova traduzione Mondadori de Il vecchio e il mare di Hemingway. Non manca una lettura spirituale, un piccolo saggio di Antonietta Potente, Scrutare il Mistero (Paoline), un libro sull’argomento teologico più impegnativo che si possa immaginare, cioè sulla Trinità, però scritto con una leggerezza e una sapienza che ho trovato straordinarie. Un ultimo libro per chi rimane in città è quello di Andrea Kerbaker, Milano in 10 passeggiate (Rizzoli). È un invito a scoprire la propria città, qualunque essa sia, camminando». Un libro da leggere però lo consigliamo noi, ed è La quercia di Bruegel (Aboca): colpi di scena assicurati e un autore che sa raccontare, Alessandro Zaccuri.
(In alto nella foto Ansa: Alessandro Zaccuri nel 2018)