«I danni sono permanenti. Si può intervenire per compensarli in qualche modo, ma non si tornerà mai più come prima». Il professor Luigi Janiri, direttore di Psichiatria (Uoc) del Gemelli di Roma, mette in guardia dalle conseguenze dell’uso disinvolto di alcol nella fascia adolescenziale e giovanile. «Il bere continuativo, anche se moderato, espone a un rischio per le strutture nervose. Peggio è per il cosiddetto binge drinking, cioè il bere eccessivo e concentrato in un breve lasso di tempo, quello tipico del sabato sera».
A quali danni si va incontro?
«Le tante intossicazioni acute di alcool comportano una aggressione all’integrità della corteccia prefrontale che, nel periodo adolescenziale, è ancora in una fase di crescita e maturazione nervosa. Questo danno si traduce in una maggiore impulsività, in un disturbo delle cosiddette funzioni esecutive, cioè quelle che servono per la pianificazione e la programmazione delle azioni e dei comportamenti, per prendere decisioni, per la regolazione delle emozioni, per basare le motivazioni delle proprie azioni. Sono funzioni molto delicate e complesse che dipendono dall’integrità della corteccia prefrontale. Ed è assolutamente provato che questa viene danneggiata dall’uso di alcool e, in particolare, dall’uso intermittente e acuto di alcolici».
E se si smette di bere?
«Ci può essere un minimo di recupero, ma i danni strutturali restano. In più, la maggiore impulsività apre un po’ le porte per tutte le altre forme di dipendenza, a partire dal tabacco. Viene sregolato il sistema della motivazione, il cosiddetto reward (ricompensa), cioè quello della gratificazione e del piacere. In questo caso c’è un maggiore rischio di sviluppare dipendenze non solo da sostanze, ma anche comportamentali: il gioco d’azzardo patologico, le dipendenze da Internet, dallo shopping, da videogame, quelle sessuali».
C’è il rischio anche di sviluppare psicosi?
«Il bere, da solo, non è in grado di provocare una forma psicotica, se non c’è già una vulnerabilità individuale. È in grado, invece, di slatentizzarle. Nel 50 per cento degli esordi psicotici che possono evolvere in schizofrenia o in disturbo bipolare c’è di mezzo l’uso di sostanze, quasi sempre l’alcol. Per due motivi in particolare. Intanto sono persone che hanno un “bisogno” di alcol come lubrificante sociale: il bere viene utilizzato per gli incontri, per le feste, per le riunioni, in discoteca, per le uscite in generale. I ragazzi hanno sempre di più problemi di socializzazione. In larga misura dipende dalla diffusione di Internet e dalla comunicazione via social che, indubbiamente, toglie molto spazio a quella che dovrebbe essere la comunicazione sociale e interpersonale normale dei ragazzi. Con la crisi delle tradizionali agenzie di socializzazione, il ritrovarsi attorno al bere sta diventando sempre più diffuso».
E l’altra motivazione?
«Lo “sballo”. I ragazzi creano una situazione in cui si disconnettono da tutto ed entrano in una specie di mondo particolare, un mondo-rifugio rispetto a quelle che sono le normali angustie e pesantezze della vita quotidiana».
Pesantezze a questa età?
«Sì, gli adolescenti spesso si sentono inadeguati perché la perfezione è uno degli obiettivi socialmente condivisi e culturalmente più invalsi nella popolazione e nella mentalità delle persone. Bisogna essere sempre perfetti, tesi ad avere i risultati migliori in ogni campo, ma questo è sostitutivo del vuoto di altri tipi di messaggi più di contenuto che, invece, potrebbero essere veicolati. Al posto di questo c’è una pressione – e anche un’ansia dei genitori – sulla performance del tutto negativa perché è una performance vuota».
Cosa fare?
«I genitori dovrebbero essere molto attenti al comportamento dei ragazzi, soprattutto nel fine settimana. Anche perché i postumi delle intossicazioni da alcol si vedono molto bene il giorno dopo. Inoltre stare attenti al tipo di amicizie che i figli frequentano, al gruppo, perché se vediamo che l’uso di alcol è un distintivo, una sorta di marchio sociale, quel gruppo è destinato ad avere un comportamento molto pericoloso. Bisogna fare molta attenzione nel cogliere i segnali precoci di questi comportamenti e intervenire portandoli il prima possibile – già quando la situazione sembra avviata verso un crinale pericoloso – da uno specialista: un medico, uno psichiatra, qualcuno che possa far capire bene di quali rischi stiamo parlando. Questo è fondamentale. Se, invece, c’è già una situazione di abuso conclamato, occorre intervenire subito con trattamenti che vanno dalle terapie farmacologiche alla riabilitazione alla psicoterapia».