La grande scritta “Keti Ibápari”, I nostri Padri" - in lingua rarámuri – è esposta in numerose chiese del Messico dal 20 giugno. Ricorda la data dell’uccisione di due Gesuiti, padre Javier Campos Morales e padre Joaquín César Mora Salazar. I sacerdoti furono ammazzati vicino all’altare del Sacro Cuore nella chiesa di Cerocahui, un villaggio nella magnifica e rigogliosa Sierra Tarahumara, nello Stato settentrionale di Chihuahua, per aver cercato di salvare da una banda di assassini Pedro Palma, un uomo in cerca di rifugio nella loro parrocchia.
I due missionari sono solo le ultime vittime in Messico di chi scegli di donarsi agli altri, in modo speciale con le popolazioni autoctone e i poveri tra le montagne e i deserti del nord, nella sierra, sugli altopiani o nelle grandi città.
Nella riproduzione artistica presente in tante chiese messicane vediamo i volti di Joaquín Mora, Javier Campos, Eugenio Maurer, Luis Verplancken, Salvador Quintero, Miguel Agustín Pro, Ricardo Robles, Mardonio Morales, Eusebio Kino, Ignacio Morales e José Llaguno, uomini della Compagnia di Gesù ammazzati per aver difeso la libertà di contadini e parrocchie, diritti come quello di professare la propria fede, pagando con la vita la loro scelta, allo stesso modo di padre Javier e padre Joaquín.
Il dipinto che raffigura i due Gesuiti in primo piano, lascia intravedere alle loro spalle una folla di uomini e donne, quel popolo che dalla megalopoli di Città del Messico agli sperduti villaggi della costa, in Chiapas o a Guerrero, nelle aride lande dello stato di Coahuila o ai confini con gli Usa come Chihuahua, testimoniano la loro presenza con gli ultimi.
A giugno i Gesuiti, insieme alla Cem, la Conferenza dell'Episcopato Messicano e alla Conferenza dei Superiori Maggiori dei Religiosi del Messico, hanno invitato a celebrato una messa per le vittime della violenza in ogni parrocchia. Il 20 giugno, alle 15, le campane delle chiese per un minuto hanno suonato per ricordare la tragedia. Poi in tanti hanno raccontato la disponibilità e la dedizione dei due sacerdoti, persone che avevano scelto e amavano quella regione e la popolazione originaria, la sua cultura, i suoi colori e le sue tradizioni.
Oltre a pregare per loro, in Messico è partito un cammino di riconciliazione nazionale. “Conversatorios por la paz”, dialoghi per la pace, è il percorso che la Conferenza Episcopale Messicana, i superiori delle congregazioni religiose e la Compagnia di Gesù in Messico, hanno iniziato in numerose comunità del Paese. I laboratori abbracciano tutto il Messico. Si tengono nelle scuole, nei quartieri delle periferie, ma anche nelle parrocchie, coinvolgendo le istituzioni per promuovere un cammino di pacificazione sociale. Una riconciliazione fatta di momenti di incontro, conoscenza, arte, discussione con chi vive nello stesso quartiere, scuola, parrocchia e città.
Aree marginali e quartieri residenziali sono il centro di questi appuntamenti per analizzare, studiare e provare a dare una soluzione all’inarrestabile violenza in perenne aumento. L’assassinio dei Gesuiti e Chihuahua è solo l’ultima delle atrocità che ha vissuto il Paese in cui oltre a sindacalisti, giornalisti e difensori dei diritti umani, anche i religiosi sono da anni nel mirino della violenza.
“Il programma di incontri rientra nel percorso di una chiesa sinodale che conversa e cammina in un dialogo fraterno e propositivo per dare una risposta al grido di dolore del nostro popolo”, si legge nel documento condiviso dai vescovi e dai Gesuiti messicani. A un anno dall’assassinio dei due missionari, la Compagnia di Gesù in Messico è consapevole che la Sierra Tarahumara, come molte regioni del Paese, attraversa condizioni di abbandono e necessita la presenza di donne e uomini che continuino a impegnarsi per ricostruire un tessuto sociale sempre più lacerato.