Gli organizzatori avevano previsto una
presenza di 50.000 persone. Probabilmente ne sono arrivate molte di più. L'incontro di papa Francesco con
i giovani (svoltosi nel pomeriggio di domenica 21 giugno, durante la visita torinese
del Santo Padre), è stato l'ennesima conferma di quanto profondo e
intimo sia il dialogo che questo Pontefice riesce a intessere con le
nuove generazioni. In ogni occasione i ragazzi lo aspettano, lo
cercano, gli vanno incontro. Forse ciascuno di quei giovani che a
migliaia assiepavano piazza Vittorio Veneto (una tra le più grandi
d'Europa) avrebbe avuto una domanda, una preghiera, un pensiero
personale da rivolgere al Papa.
A nome di tanti ha parlato Giulia
Boioli, 27 anni, vicepresidente dell'Azione Cattolica di Torino. A
lei il compito di portare al Papa il saluto dei giovani della
Diocesi, ma anche di tutti quelli giunti dall'Italia e dal mondo. «Da
quando mi hanno detto che avrei avuto questo privilegio – ci ha
raccontato pochi istanti prima di salire sul palco - ogni volta che
sento parlare Francesco in tv o alla radio il cuore inizia a battere
forte. E' un'emozione che non si riesce a esprimere con le parole».
Laureata in Lettere, da sempre Giulia è interessata all'inclusione
degli stranieri in Italia, tanto che l'anno scorso ha lavorato come
docente di lingua italiana per rifugiati politici e richiedenti
asilo, mentre attualmente si occupa di comunicazione e sviluppo per
una società di microcredito. «Al
Santo Padre – dice – affido simbolicamente il documento
conclusivo del Sinodo dei Giovani, una bellissima esperienza nata in
seno alla Chiesa torinese che ci ha fatto crescere e ha dato frutti
preziosi, alcuni dei quali sono ben visibili in questo giorno di
festa così speciale».
Anche
Luigi Capello, 26 anni, cresciuto a Lombriasco (piccolo comune del
torinese), allievo delle scuole salesiane, poi animatore e
coordinatore delle attività di diversi oratori, è stato chiamato a
interloquire direttamente col Pontefice. La sua domanda si è
concentrata sulla “Chiesa in uscita”, un tema «che ci affascina
e ci stimola, anche se comporta fatiche e difficoltà». In questo
senso i punti di riferimento non mancano. «Don Bosco, che
celebriamo nel bicentenario della nascita, è un esempio
attualissimo, un modello del fare. La sua esperienza ci chiede di
metterci in gioco in prima persona, con tutti i nostri talenti».
Sul palco, vicinissimi al Papa, c'erano
poi i 250 cantori del Grande Coro Hope, una realtà costituitasi in
occasione della visita torinese di papa Benedetto XVI, nel 2010, e da
allora sempre attiva nel promuovere il connubio tra musica e Vangelo.
Il coro, diretto da Massimo Versaci, raccoglie voci da tutto il
Piemonte e non solo. C'è chi, ad esempio, per l'occasione è
arrivato da Calcio, in provincia di Bergamo. Mauro, 41 anni, e
Andrea, che di anni ne ha solo 16, hanno conosciuto questa esperienza
«grazie a Jubilmusic, un
festival di musica cristiana che si tiene ogni anno a Sanremo». Ora
sono pronti per vivere «un bellissimo momento di testimonianza». In
un contesto come questo le differenze di età si armonizzano bene,
proprio come i diversi timbri vocali all'interno dell'ensemble.
Girando
per la piazza gremita si potevano incontrare tanti gruppi parrocchiali (è stato il
momento culminante dell'Happening degli oratori e dei iovani), ma
anche molte famiglie. Luca ed Elisa, 26 e 32 anni, sono una giovane
coppia inserita nel movimento ecclesiale Rinnovamento dello Spirito.
Dal passeggino il loro bambino, Gioele, di appena 2 mesi, spalanca
sul mondo i suoi occhioni curiosi e non sembra turbato né dai rumori
che lo circondano, né dal caldo di inizio estate. «Siamo qui anche
per ringraziare il Signore di un dono così grande – spiegano i
genitori – Inoltre abbiamo deciso di accompagnare un gruppo di
giovani del Rinnovamento, perché anche loro possano sperimentare la
bellezza che noi abbiamo incontrato». Quella del Papa è una
presenza «che sentiamo particolarmente vicina», proseguono gli
sposi, anche per via «del coraggio e della libertà con cui
Francesco affronta il tema della famiglia. Quando ci siamo sposati
non avevamo certezze economiche, ma ci siamo fidati di Cristo,
l'amico che non delude, colui che mantiene ogni sua promessa».
C'è anche chi per vedere il Papa ha
fatto molta strada. Maria Dolores Briseño è arrivata da
Guadalajara, in Messico, insieme a un gruppo di 41 persone, legato ai
Missionari della Consolata di Torino. «Tutto di Francesco mi
affascina – dice – il suo carisma, la sua gioia, la sua
semplicità». In un Paese come il Messico l'attenzione che il
Pontefice dedica ai migranti non passa certo inosservata: «Alcuni
dei presenti sanno bene che cosa voglia dire lasciare la propria
terra, conoscono il dolore delle famiglie divise. La vicinanza di
Francesco a tutti i migranti del pianeta è per noi un grande dono».