Don Giuseppe Cacciatori con Vito Polisano la moglie Marcella Mazzeo e la loro figlia Lara
Tra il pubblico dell’Ariston che ha cantato squarciagola, ha applaudito e alla fine ha pure fischiato il verdetto che ha incoronato Georlier vincitore della serata delle cover, abbiamo notato il suo clergyman e quindi, in un momento di pausa, lo abbiamo avvicinato.
Può presentarsi?
“Sono don Giuseppe Cacciatore, ho 51 anni e sono sacerdote della parrocchia Cristo Re a San Giuliano, un quartiere della periferia di Trapani”.
Come mai è qui?
“Perché sono stato sempre appassionato del Festival di Sanremo, fin da quando ero ragazzo. Le canzoni sono importanti, ma mi piace soprattutto come evento perché dà il polso della situazione del Paese”
E quest’anno cos’ha notato?
“Mi hanno colpito le canzoni dei giovani la loro voglia di guardare al futuro con speranza, con fiducia, malgrado le tante difficoltà. Ecco, mi è piaciuto molto il fatto che nelle loro canzoni emerga questo messaggio: non bisogna vergognarsi delle proprie fragilità, non bisogna avere paura di parlarne perché possono diventare un punto di forza. Se ci pensiamo, è il cuore del messaggio cristiano, dove nella debolezza di Cristo sulla Croce si è manifestata la potenza di Dio”
Chi l’ha colpita di più?
“Angelina Mango. La sua canzone si intitola La noia, ma lei la canta esorcizzandola con il ballo, con l'energia, con la grinta di una ragazza di 22 anni. Quindi va oltre queste tenebre che avvolgono il cuore non solo dei giovani, ma anche delle persone anziane quando manca la speranza”
C’è chi non apprezza molte di queste canzoni perché risultano poco comprensibili, soprattutto per un pubblico più maturo, perché lontane dalla tradizione melodica italiana.
“Nemmeno io capisco tutto, ma non importa, l’importante è che comunichino un emozione”
Quindi fa bene Amadeus a svecchiare sempre di più il Festival?
“Certo. Anche se può costare un po’ di fatica, bisogna adeguarsi ai tempi. E poi non è un tratto solo di Amadeus. Anche Pippo Baudo negli Anni Ottanta era molto attento a creare un cast che affiancasse proposte più tradizionali ad altre più innovative. Del resto, se Sanremo dura da ben 74 anni è perché è riuscito a stare al passo con i tempi”
Qual è stato finora il momento più emozionante?
“Non c’è un momento particolare. Il fatto stesso di stare qui è bellissimo. Il teatro Ariston sembra molto più piccolo di come appare in Tv, ma questo non è un difetto, anzi. L’atmosfera che si respira è quella di bella festa patronale. Solo che qui non si celebra un santo, ma la musica”