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sabato 14 settembre 2024
 
Il direttore di Nigrizia
 

«Inammissibile e ingiurioso vendere armi all’Egitto»

27/06/2020  «È un oltraggio agli italiani, a Giulio Regeni e ai suoi genitori, a Patrick Zacky e a tutti gli egiziani che subiscono violazioni dei diritti umani». Padre Filippo Ivardi, comboniano, dice no alla mega commessa di materiale bellico al Paese nord-africano. E insieme a tante espressioni della società civile invita gli italiani a fare altrettanto. Il prossimo 9 luglio verrà rilanciata anche la Campagna Banche Armate

Padre Filippo Ivardi, direttore di Nigrizia, il mensile e il sito dei missionari comboniani.
Padre Filippo Ivardi, direttore di Nigrizia, il mensile e il sito dei missionari comboniani.

«Un’operazione inammissibile e ingiuriosa sia per l’Italia sia, soprattutto, per il popolo egiziano che necessita di tutto tranne che di nuove navi da guerra, di caccia e di sistemi militari. Sto citando dal documento che abbiamo diffuso insieme, Nigrizia, Missione Oggi e Mosaico di Pace, perché questa mega commessa di armi da vendere all’Egitto non si realizzi, e in ogni caso perché non si facciano le cose in silenzio. Ci dev’essere un dibattito, su una scelta tanto rilevante, e non si può non passare dal Parlamento italiano».

Non usa giri di parole, padre Filippo Ivardi, da poco più di un anno direttore del mensile dei Comboniani. Padre Ivardi prima di essere chiamato a dirigere la testata e il sito di Nigrizia era missionario in Ciad. Sa cosa vuol dire la guerra e le violazioni dei diritti umani, come pure la povertà estrema e il terrorismo.

«Insieme agli altri due direttori – padre Mario Menin di Missione Oggi e Rosa Siciliano di Mosaico di Pace», continua padre Filippo, «abbiamo scritto un pubblico appello per risvegliare le coscienze, perché si utilizzino le risorse per la vita e non per armi di morte».

Una fregata militare. Nel contratto con l'Egitto è prevista la vendita di due navi di questo tipo.
Una fregata militare. Nel contratto con l'Egitto è prevista la vendita di due navi di questo tipo.

-  Cosa chiedete?

«Prima di tutto, che un contratto tanto ingente, che impegnerà l’Italia per anni, sia discusso in Parlamento, e sollecitiamo quindi tutte le forze politiche a manifestare la propria contrarietà alle nuove forniture militari all’Egitto. Cito ancora dall’appello: “Questa nuova fornitura costituisce un esplicito sostegno al regime repressivo instaurato dal generale Al Sisi all’indomani del colpo di Stato del luglio 2013: è oltraggioso non solo nei confronti della memoria di Giulio Regeni, il giovane ricercatore italiano barbaramente assassinato in Egitto e sulla cui morte le autorità egiziane non hanno mai contribuito a fare chiarezza, ma anche di tutti coloro – oppositori politici, sindacalisti, giornalisti, difensori dei diritti umani – che vengono tuttora perseguitati perché non sono graditi al regime imposto dal generale al-Sisi, come dimostra anche il caso di Patrick Zaky”. Si parla di mega contratto, di un valore tra 9 e 11 miliardi di euro. Si pensi al fatto che, in tutto il 2019, il nostro export totale di armi era stato di 2,9 miliardi di euro. Quindi, una commessa enorme. Quindi, un accordo con un Paese che, oltre ad aver torturato e ucciso un nostro connazionale, oltre a imprigionare e violare i diritti umani di centinaia di oppositori, oltre a mettere in atto una pesante repressione, è per di più pesantemente coinvolto nella guerra in Libia, appoggiando il generale Haftar».

Il velivolo da combattimento Eurofighter.
Il velivolo da combattimento Eurofighter.

-  In altre parole, andremmo a vendere armi a un Paese non democratico e coinvolto in un conflitto. Vendita illegale?

         «Sì, la legge 185 del 1990 è chiara: non solo vieta esplicitamente le esportazioni di armamenti verso i Paesi i cui governi sono responsabili di accertate “violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani”, ma prescrive pure che l’esportazione di materiale di armamento e la cessione della relative licenze di produzione “devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia”».

-  Di che armi stiamo parlando?

«Parliamo di un’ampia commessa militare che comprenderebbe non solo le due fregate Fremm attualmente in dotazione alla Marina miliare italiana (la Spartaco Schergat e la Emilio Bianchi), ma anche altre quattro navi e 20 pattugliatori (che potrebbero essere costruiti nei cantieri egiziani), 24 caccia multiruolo Eurofighter e 20 aerei addestratori M346. Sarebbe la maggiore commessa che l’Italia ha autorizzato dal dopo guerra. Verso un Paese, l’Egitto, che in questo momento ha un ruolo decisivo negli equilibri del conflitto libico. È davvero stupefacente».

I genitori di Giulio, Paola e Claudio Regeni.
I genitori di Giulio, Paola e Claudio Regeni.

-  Sei d’accordo con quanto dichiarato dai genitori di Giulio Regeni?

«Sì, certo. Capisco che si sentano presi in giro. Da quattro anni aspettiamo la verità su chi e perché è stato torturato e ucciso Giulio, e il governo di Al Sisi non ha mai seriamente collaborato a fare luce su quanto accaduto. Noi abbiamo aderito anche alla campagna #StopArmiEgitto, lanciata da Amnesty International, Rete Disarmo e Rete per la Pace, perché ci sia una pressione della società civile che costringa il mondo politico a dibattere seriamente su una scelta del genere e i partiti a dire chiaramente come la pensano. Per ora abbiamo visto solo deboli reazioni, e perlopiù individuali da parte di singoli uomini politici».

-  Questa iniziativa sulla commessa all’Egitto non è estemporanea. A breve verrà rilanciata la Campagna Banche Armate. È così?

Una manifestazione per avere verità sul caso Regeni.
Una manifestazione per avere verità sul caso Regeni.

«È così. Il momento ufficiale di rilancio è il prossimo 9 luglio, a 20 anni esatti da quando nacque la campagna. Ora vogliamo rilanciarla, insieme a tante reti della società civile italiana. Ricordiamo, poi, che il 2020 segna anche il trentesimo “compleanno” proprio di quella legge 185, che regolava il commercio delle armi italiane e la trasparenza delle operazioni connesse. Chiediamo alle banche, come chiedevamo allora, di non prestarsi a essere utilizzate per le transazioni di commerci di materiale bellico, di forniture militari, di vendite di armamento. È bene che i clienti degli istituti finanziari sappiano se la loro banca è “armata” oppure no».

Pardre Filippo Ivardi in Ciad, dov'era missionario fino a poco più di un anno fa.
Pardre Filippo Ivardi in Ciad, dov'era missionario fino a poco più di un anno fa.

-  Qual è il messaggio del prossimo 9 luglio?

«Abbiamo visto con la pandemia quanto è importante il sistema sanitario, la scuola, la ricerca scientifica, e tante altre attività umane che s’impegnano per la vita. Questo è il nostro messaggio: investiamo nella vita, non nella morte. Costruiamo la pace, non la guerra. Questo lo chiediamo anche alle strutture ecclesiali, alle parrocchie, alle associazioni: si guardi da dove viene il denaro, si vigili su dove transita e dove va. Il denaro delle armi e della morte va rifiutato. Non lo diciamo noi, questo, lo dice primo fra tutti Papa Francesco. Basta leggere Querida Amazzonia, al paragrafo 25. Anche in questo tempo di coronavirus, Francesco si è dimostrato l’unico grande leader. Di fronte a tanti presidenti imbarazzanti, a livello mondiale, il Papa si è dimostrato u gigante. E noi ben volentieri ripetiamo il suo messaggio: si investa nella vita, nella sanità, nella scuola, per il bene dell’uomo, non per il suo male. Le guerre, specie le più sanguinose e più terribili per i civili, non si fermano. Non si sono arrestate nemmeno durante l’epidemia, anzi».

 
 
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