L’ultimo appello è del 30 maggio. La Santa Sede ripete,
attraverso il proprio rappresentante diplomatico a Ginevra monsignor
Tomasi, che la guerra in Siria va fermata e mette in campo tutte le
risorse in vista della conferenza di Ginevra del 10 giugno.
Il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per
le Chiese orientali, ha viaggiato per due settimane in Medio Oriente
per una missione pastorale con importanti risvolti diplomatici con la
questione siriana naturalmente in primo piano. E da oggi in Vaticano si
tiene un summit dedicato al conflitto in Siria, al quale sono stati
inviati i diplomatici dell’area, i vescovi delle varie denominazioni
cristiane, i responsabili delle Caritas, compresa quella turca. Al
vertice dovrebbero partecipare anche diplomatici occidentali. Il summit
dovrebbe occuparsi di questioni umanitarie. Si svolge nella sede di Cor
Unum , che in pratica è la Caritas del Vaticano, e sarà presieduto dal
cardinale Robert Sarah. Si svolgerà a porte chiuse, ma i partecipanti
domani, mercoledì, saranno ricevuti in udienza dal papa.
Il summit servirà a fare il punto sulla crisi e a ricercare una
posizione comune su una situazione complessa, che non sempre ha visto
tutti gli interlocutori religiosi sulla stessa linea di intervento. L’osservatore permanente della Santa Sede all’Onu di Ginevra, monsignor Silvano Maria Tomasi,
ha ripetuto nei giorni scorsi che “la strada da seguire non è una
intensificazione militare del conflitto armato, ma il dialogo e la
riconciliazione” e ha messo in guardia da una escalation del
conflitto militare, dopo che l’Europa non è riuscita a rinnovare le
sanzioni sia contro il regime di Bashar Assad, che nei confronti dei
ribelli, che impedivano la vendita di armi ad entrambi. La decisione è
vista con preoccupazione dalla diplomazia vaticana e per questo motivo
al summit sono stati invitati anche diplomatici occidentali.
L’Italia ha criticato l’allentamento dell’embargo sulle armi, mentre si
sa che Francia e Regno Unito sono pronte ad aiutare i ribelli, e la
Russia ha deciso di inviare al regime di Bashar anche aerei da
combattimento di ultima generazione. In questa situazione le
prospettive di successo della Conferenza di Ginevra sono ritenute da
fonti diplomatiche vaticane prossime allo zero. Ciò che
preoccupa è il totale disprezzo da parte sia dei ribelli che
dell’esercito di Damasco dei diritti umani. A Cor Unum fanno notare come
la guerra in Siria sia ormai un conflitto totalmente dimenticato anche
dai media, nonostante il prezzo che stanno pagando i giornalisti che
cercano documentare la situazione sul terreno.
C’è poi la questione dei rifugiati, un milione e mezzo secondo
quanto riferito da monsignor Tomasi a Ginevra, già fuggiti all’estero,
oltre a 4 milioni di persone che hanno perso la casa. Il
diplomatico vaticano ha sottolineato che la tragedia siriana rischia di
“intensificare i conflitti regionali” in un’area già caldissima e di
“trasformare le ambizioni di potere in scontri etnici e religiosi di
stampo fondamentalista”. L’unica via resta il negoziato, che tuttavia
non tutti sembrano accettare, dopo un immediato cessate il fuoco.
La posizione delle Chiese cristiane non è così chiara. C’è chi
ha difeso senza molti dubbi la posizione di Bashar e chi sta con i
ribelli. Il summit servirà dunque anche a fare chiarezza. Restano
nelle mani dei ribelli due vescovi ortodossi, dei quali anche il
cardinale Sandri dal Libano ha chiesto la liberazione, mentre è in
partenza per la Siria il vescovo messicano Raul Vera Lopez, della
diocesi di Chapas, insieme ad una missione di 12 osservatori, il cui
intento è quello documentare atrocità e violenze sulla popolazione
civile da entrambe le parti in conflitto.