Mistica, politica, erborista, musicista, scrittrice: la personalità di santa Ildegarda di Bingen, dottore della Chiesa, ebbe molte
sfaccettature. Una figura di donna e religiosa fuori dagli schemi, che nell’XI secolo in Germania è stata l’interlocutrice di imperatori e Papi, fondatrice di monasteri, guaritrice e profetessa. In Fuoco verde - Ildegarda di Bingen, donna del mistero, dodicesimo volume della collane “Vite esagerate”, con Famiglia Cristiana di questa settimana, l’autrice Costanza Cavalli sceglie come voce narrante quella della sorella Clementia, suora anch’essa, che visse con Ildegarda per molti anni. «Ildegarda era l’ultima di dieci fratelli», precisa l’autrice, «due dei quali furono vescovi. La sorella di cui parlo è esistita davvero, anche se non ci sono molte notizie su di lei e la sua figura è frutto della mia immaginazione».
Costanza Cavalli è giovanissima, 24 anni: diplomata in arpa al conservatorio, studia ancora all’università, sta per iniziare la specialistica in Filologia e collabora con le pagine culturali del settimanale Panorama. Questo è il
suo primo libro. «Ho conosciuto Davide
Rondoni, il curatore della collana
“Vite esagerate”, nelle vesti di coordinatore
di una newsletter universitaria»,
ricorda l’autrice. «Quando mi ha
proposto di scrivere questo romanzo,
confesso che non sapevo neppure chi
fosse Ildegarda, con la quale ho in comune
l’amore per la musica. La santa
suonava il salterio e compose molti
brani che sono eseguiti tutt’oggi. Mi
sembrava però un’occasione unica e
ho accolto l’invito. Sono stata a Bingen
sul Reno, ma lì non sono rimaste particolari
tracce del passaggio di Ildegarda.
Rimangono le rovine con l’altare
del primo monastero in cui visse,
San Ruperto, mentre dell’altro monastero
non è rimasto nulla e al suo posto
ne hanno costruito uno moderno.
Simili a quelli di allora sono i paesaggi:
sterminate pianure coltivate e boschi.
Per il resto mi sono documentata molto,
ci sono tante biografie della santa e
ho attinto ai suoi testi soprattutto per
quanto riguarda le visioni, che riporto
in modo fedele. Poi mi sono ritirata per
un mese in una casa sul lago di Garda e
il romanzo ha visto la luce».
Uno degli episodi che vede la
santa protagonista è il carteggio
con l’imperatore Federico Barbarossa.
Per un certo periodo gli faceva
da consigliera, anche perché le serviva
la sua autorizzazione per costruire un
secondo monastero. Infatti l’abate del
primo monastero non voleva lasciarla
andare: grazie alla fama che le avevano
conferito le sue visioni mistiche,
la presenza di Ildegarda garantiva un
certo introito. Quando però il Barbarossa,
nella lotta alle investiture, cominciò
a nominare una serie di antipapi,
Ildegarda si dissociò aspramente.
C’è un’ultima lettera che gli scrisse
in cui lo accusava di ragionare come
un bambino e lo ammoniva di stare
attento perché il suo trono non era
saldo. «La ritengo un personaggio incredibile»,
commenta la Cavalli, «che
ci fa capire che in fondo noi donne di
questa epoca soffriamo un po’ di una
sindrome da accerchiamento. Perché
già nel 1100 c’erano donne libere».
L’episodio che apre e chiude il libro
è il diverbio con il vescovo di Magonza
che aveva accusato Ildegarda di aver
dato ospitalità a uno scomunicato, punendo
il monastero con l’interdetto,
cioè il divieto di essere ammessi alle
funzioni religiose. In effetti un misterioso
giovane ferito, su cui pesava
la scomunica, fu accolto nel monastero
fino a quando morì. Ildegarda
non accettò il provvedimento e smosse
mare e monti per rivendicare la sua
ortodossia e ribadendo il precetto cristiano
di accogliere chi è in difficoltà.
«Mi sono posta la domanda su che
cosa farebbe oggi», riflette la scrittrice.
«Con quella grinta la immagino un
po’ come la Fallaci, una donna forte
e arrabbiata, castigatrice dei costumi,
come quando a Colonia lanciò in
piazza invettive contro il degrado e la
mancanza di spiritualità. Una che non
le mandava a dire e che non aveva paura
di farsi dei nemici, tanto che Bernardo
di Chiaravalle, che pur la apprezzava,
le scrisse per invitarla a esercitare
l’arte dell’umiltà».