Sul numero 47 di Credere, in edicola da giovedì 16 novembre, in parrocchia da domenica 19 e disponibile su edicolasanpaolo.it pubblichiamo un'intensa intervista a don Ciotti, che accoglie il nostro fotografo nella sua casa, nella sede del Gruppo Abele a Torino.
Alle pareti, le foto dei maestri nella fede - da don Tonino Bello al Papa -, dei volti più cari e poi le manifestazioni per una società più giusta e le amate montagne.
Così il sacerdote, nato a Pieve di Cadore 78 anni fa e trasferitosi a Torino a 5 anni al seguito dei genitori, fa il punto sui suoi 60 anni sulla strada: aveva infatti 17 anni quando iniziò a occuparsi di persone senza un’abitazione, emigranti alla ricerca di lavoro, ragazzini sbandati nelle periferie.
Grazie all’intuizione del cardinale Pellegrino, all’epoca arcivescovo di Torino, vive la sua vocazione sacerdotale proprio fra gli ultimi, cogliendo negli anni i diversi bisogni della società italiana, dal disagio e la tossicodipendenza fino all’educazione all’impegno e alla memoria nella lotta contro le mafie. «Non mi interessa essere ricordato per quello che ho fatto!», dice oggi con la verve che da sempre lo contraddistingue.
«Mi interessa, finché lo faccio, continuare a farlo bene, cioè al meglio delle possibilità che mi sono date. Penso che l’eredità più preziosa non sia quella che lasciamo postuma, ma mentre siamo in vita. Ciò che resta di noi è ciò che abbiamo saputo donare: che si tratti di tempo, di energie, di capacità o anche di beni materiali».
E dopo aver aperto il cuore sulla scelta sacerdotale «non era scontato fosse la direzione giusta» e la sua visione dell’impegno oggi, confida: «La mia gioia più grande sarà vedere che l’impegno ha messo radici solide e continua a dare frutto».
Trovi l’intervista completa a don Ciotti, a firma Francesca D'Angelo, sul numero di Credere 47 in edicola da giovedì 16 novembre e da domenica 19 in parrocchia, e disponibile su edicolasanpaolo.it