Renato Carosone è stato uno dei più grandi interpreti della musica italiana nel mondo, uno dei pochi a essersi esibito alla Carnegie hall, le cui canzoni in napoletano non hanno mai avuto bisogno di traduzioni per infiammare i cuori a qualsiasi latitudine. La sua parabola artistica e umana viene ricostruita nel film tv Carosello Carosone, in onda stasera in prima serata su Rai 1, con Eduardo Scarpetta junior nei panni del musicista. Tanti episodi della sua vita che però non riescono a dare conto per intero del suo personaggio e di quanto ha fatto nella musica. Partiamo dal titolo del film, che è quello di una sua serie di album di successo usciti negli anni Cinquanta quando era all’apice della sua carriera, prima dell’inaspettato ritiro annunciato in televisione e che lasciò tutti stupiti, facendo circolare fantasiose ipotesi. In realtà, come spiegò lui stesso nel settimanale Oggi « mi sono ‘ritirato’ per questa unica ragione: per scendere dalla ribalta mentre sono ancora vivo, finché la mia faccia non ha ancora incominciato, o m’illudo, ad annoiare. Non si può, credetemi, cantare davanti alle telecamere sapendo che in quel momento qualcuno (un amico, forse) sta spegnendo stizzito il televisore. Non volevo che questo mi accadesse mai […]. Chi si abbarbica al guadagno è finito, non pensa più alla vita né alla famiglia né ad altro che al denaro. È triste. Io voglio essere triste a settant’anni, ma allegro adesso, ecco tutto. Mi riempie di gioia pensare che potrò fare Natale e Pasqua a casa come mi è sempre stato impossibile fino ad oggi […]. Non è stata una decisione improvvisa. Ci pensavo fin da ragazzo. Cominciavo appena a cantare e a suonare in Africa Orientale e già mi dicevo: “Un giorno, potendo, mi ritirerò a vita privata”
Tutto cominciò infatti quando, dopo aver conseguito il diploma di pianoforte al conservatorio di Napoli, per aiutare la famiglia dopo che il padre, vedovo, aveva perso il lavoro, Renato Carosone a 17 anni (era nato il il 3 gennaio 1920) decise di accettare la proposta di un impresario per andare a suonare in un locale di Massaua. La paga era buona anche se c’era il rischio di contrarre qualche malattia tropicale. L’esperienza fu fallimentare perché gli avventori, che venivano da diverse parti d’Italia, non apprezzavano le canzoni napoletane del suo repertorio. Ma Carosone decise di rimanere in Africa fino al 1946. A parte una breve parentesi in cui fu arruolato nell’esercito, continuò a suonare soprattutto ad Asmara. E lì si innamorò di Lita, una ballerina ragazza madre. La sposò e considerò il suo bambino Pino come suo figlio. La coppia poi non ebbe figli suoi, ma il legame con Pino fu intenso e commovente, tanto che quando il ragazzo si iscrisse all’Accademia di Brera Carosone, che si era già ritirato dalle scene, lo affiancò in quel percorso artistico diventano lui stesso un pittore.
Nella Napoli del dopoguerra c’era voglia di lasciarsi alle spalle le sofferenze complici anche i ritmi nuovi che arrivano dall’America. Carosone mescolò la canzone napoletana con lo swing e il rock, contaminando il tutto con gli echi del suo soggiorno africano. Costituì un primo gruppo musicale, il Trio Carosone, con Peter Van Wood alla chitarra e voce (il musicista poi sarebbe diventato un celebre astrologo), e Gegè Di Giacomo alla batteria. Quest’ultimo aveva un temperamento istrionico e contribuì non poco al successo del gruppo con le sue trovate comiche e i travestimenti. L’altro incontro determinante per la carriera di Carosone fu quello con il paroliere Nicola Salerno in arte Nisa, che gli era stato presentato dall’impresario della Ricordi Mariano Rapetti (padre di Mogol). Nisa e Carosone fecero nascere successi come Caravan petrol, Tu vuo’ fa’ l’americano, O sarracino.
Dopo che Van Wood se ne era andato aveva costituito un sestetto con cui fece le tourneè trionfali in tutto il mondo. Dopo il ritiro continuò a occuparsi di musica approfondendo anche lo studio del pianoforte classico. Fu convinto a tornare sulle scene da Sergio Bernandini il 9 agosto 1975 alla Bussola di Focette; da quel momento prese a riproporre il suo repertorio di successo, ma anche a scrivere nuove canzoni, partecipando anche due volte al festival di Sanremo. ll successo ottenuto convinse Carosone ad attraversare nuovamente l'oceano per tornare in America. Grazie all'aiuto di Adriano Aragozzini, nel mese di settembre tenne un concerto al Madison Square Garden di New York, da dove ebbe inizio una nuova fortunata tournée. Il 22 marzo 1993 Renato fu colpito da aneurisma cerebrale e venne ricoverato d'urgenza nel reparto di neurochirurgia dell'ospedale romano San Camillo, dove fu sottoposto ad un laborioso intervento. Tuttavia, riuscì a superare la malattia e poté continuare a dedicarsi alla musica e alla pittura, ll 26 ottobre 1996 Carosone ricevette a Sanremo il Premio Tenco per il rinnovamento apportato alla canzone napoletana e, in occasione della festa di Capodanno del 1998, diede il suo ultimo concerto in Piazza del Plebiscito a Napoli, alla presenza di duecentomila persone.
Nel 1999 l'America rese omaggio a Carosone anche in campo cinematografico con Il talento di Mr. Ripley, una pellicola di Anthony Minghella, in cui Fiorello, Matt Damon e Jude Law si scatenarono in un night al suono di Tu vuò fà l'americano.
Renato Carosone morì nel sonno la mattina del 20 maggio 2001 nella sua casa di Roma dove si era trasferito dopo aver vissuto per un periodo sul lago di Bracciano sempre a fianco della moglie Lita.
Gigi D'Alessio (al quale Carosone regalò il suo pianoforte) scrisse in suo onore la canzone Caro Renato.