«Armonizzazione fiscale ed eliminazione dei paradisi fiscali interni, Investimenti infrastrutturali e investimenti produttivi (anche privati) loro trattamento nelle discipline di bilancio; Integrazione nello Statuto della BCE del parametro dell’occupazione accanto a quello dell’inflazione come riferimenti per le scelte di politica economica». Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo prende in mano le tre proposte che l’assemblea consegna all’Europa con Sergio Gatti, vicepresidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali. «Siamo partiti dall’affrontare il tema lavoro, famiglia, territorio, abbiamo parlato dell’Impegno della comunità ecclesiale italiana, abbiamo individuato 30 passi necessari da compiere, con quattro proposte per il Governo italiano e tre specifiche per il Parlamento europeo», sintetizza Gatti, auspicando che «anche in Europa ci possa essere un articolo 1 nei trattati che dica che l'Europa è fondata sul lavoro». Il metodo è stato quello della «denuncia, dell’ascolto e racconto, delle buone pratiche e delle proposte», continua il direttore generale di Federcasse.
E Tajani, dopo aver ricordato che «ci stiamo lasciando la crisi alle spalle ma questo ci sta mettendo tempo ad avere effetti sociali», cerca di rispondere puntualmente alle domande dell’assemblea. «Noi italiani», ha sottolineato, «siamo stati viziati nel pensare che l'ente pubblico fosse un ammortizzatore sociale, mentre serve un vero piano di investimenti e una creatività dell’impresa. Non può esserci solo la finanza, ma è l’impresa che deve avere il ruolo sociale di creare benessere». Tajani insiste sulla formazione, anche per colmare il gap digitale dei giovani lavoratori, sugli investimenti per la digitalizzazione del lavoro e per ammodernare le infrastrutture. E infine conclude sugli «sforzi di riforma che devono essere sostenuti da più risorse europee. Inclusa una maggiore flessibilità di bilancio».
«A febbraio», ha ricordato Tajiani, «abbiamo proposto di trasformare il Fondo Salva Stati, con i suoi 376 miliardi di capitale ancora disponibili, in un vero Fondo Monetario Europeo. Questo Fondo, sottoposto al controllo del Parlamento, sarebbe determinante per correggere gli squilibri competitivi e sociali, facilitando le riforme strutturali. Ma questo non basta. Dobbiamo completate l’Unione Bancaria, Fiscale ed Economica. E dotarci di un vero mercato europeo dei capitali capace di garantire equità di condizioni, senza penalizzazione geografica, per imprese e famiglie».