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sabato 24 maggio 2025
 
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Le notti folli degli “shottini” dei ragazzi

04/08/2018  Adolescenti con carte d’identità truccate per entrare nei locali a sbevazzare, gare a chi tracanna di più. Ecco che cosa abbiamo visto in una notte tra i bar romani

Uno sguardo rapido sul passaporto esibito con il cellulare e si entra senza problemi. A Fregene, in uno dei luoghi più gettonati per le feste dei ragazzi, non possono sapere che Ilaria ha 15 anni. Duemila è il suo anno di nascita sul falso documento confezionato da un coetaneo grazie alla complicità di suo padre. «Mia figlia non beve, va solo a divertirsi», si giustifica lui. «Se non la aiutavo io magari se lo faceva da sola e io non lo avrei neppure saputo», continua, mentre non lo sfiora neppure il dubbio di aver appena insegnato alla sua bambina a commettere, con leggerezza, un reato.

Non chiedono i documenti, invece, in molti pub della capitale. Gli adolescenti si sussurrano i nomi con il passaparola: una vera mappa dei luoghi dove bere senza problemi. «Per quelli invece che vogliono verificare se abbiamo davvero 18 anni ci sono diversi metodi», spiega Marta, che di anni ne deve ancora compiere 17. «C’è quello che usa Ilaria, il suo passaporto con la data manomessa, oppure il documento di una persona davvero maggiorenne al quale sostituisci la tua foto.

Con scanner e telefonini è tutto molto semplice. Sempre che i gestori si accontentino di vedere solo quello che mostri con il cellulare. Oppure, per 40 euro, c’è chi ti procura la carta di identità di un maggiorenne dove appiccichi la tua foto». “Appiccicare” è il termine giusto perché molti ragazzini usano la gomma da masticare per attaccare la fotina in quel documento cartaceo che apre loro le porte delle discoteche, dei pub e di tanto altro…

A LORO SEMBRA UN GIOCO

Una marea di ragazzini è in piedi da entrambi i lati del marciapiede, in una notte di giugno, zona Tuscolana. Qui i documenti non abbiamo visto chiederli a nessuno. Per noi più adulti non si scomodano neanche a dirci di non entrare. Basta un’alzata di sguardo e un riprendere a risistemare i tavoli: disposti lungo tutto il perimetro del locale pronti per i giochi.

Non aprono la porta a vetri che invece si spalanca per questi adolescenti. Arrivano ben dopo le 22.30, l’orario stabilito per quello che chiamano il “bevo tour”, e sono ancora lì alle due di notte quando andiamo via.

Qualcuno parla di esami di maturità, altri di materie da studiare per settembre, altri ancora di vacanze e amici. Si atteggiano a grandi e intanto bevono e bevono in questa serata organizzata, come accade in molte città italiane, dal “Movimento 5 litri”. Una scorsa al sito per vedere che, tra quanti seguono le pagine, sono tanti i minorenni, almeno a stare alle date di nascita postate nei profili.

Durante tutta la serata si va avanti a pistole spruzza drink, beer pong (una sorta di ping pong in cui la pallina deve centrare il bicchiere di birra della squadra avversaria), torneo di flip cup (si deve bere e rovesciare il bicchiere nel minor tempo possibile) e free shot. In pratica si gioca a bere, spesso divisi a squadre, con modalità che fanno apparire tutto leggero… troppo leggero.

«Non fanno niente di male», dice Mirko che, dall’alto dei suoi 17 anni si sente ormai quasi maggiorenne e giura che nel suo bicchiere ci sia solo un analcolico.

«Sono bravi a scuola, vanno in palestra, qualcuno fa anche volontariato. Ce lo meritiamo anche noi un momento di “decompressione”, un momento in cui possiamo uscire da noi stessi e lasciarci andare». E poi, aggiunge Alessandro, 16 anni, «se non bevi almeno uno shottino sei uno sfigato e il gruppo non ti invita più. Io però non bevo», si affretta a dire subito. Lo “shottino”, da shot, colpo, è un drink molto alcolico, servito in bicchieri piccoli da buttare giù tutto d’un fiato. Spesso a digiuno.

Non vogliono essere fotografati, né dare il loro cognome. Dicono che non bevono, ma tutti conoscono almeno un loro coetaneo che si ubriaca con regolarità il fine settimana.

Non hanno paura delle conseguenze, almeno così danno a vedere. Ma poi qualcuno torna sui propri passi: «Ma è sicura che l’alcol è la prima causa di morte per i ragazzi come noi?», chiede Federica, 16 anni e mezzo. La voce un po’ incrinata, il tono meno spavaldo. «Ci penserò, sì, ci penserò», sussurra mentre si allontana…

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