Facendo servizio in parrocchia, Elena trova una copia dei Vangeli in sacrestia e inizia a leggere l’introduzione scritta da un curatore e si trova davanti a una serie di affermazioni che le danno fastidio. Ad esempio, «riguardo alla guarigione degli indemoniati è scritto che si intendevano indemoniate le persone affette da problemi mentali» e che «la barca in tempesta è un racconto simbolico della Chiesa in difficoltà». Da qui la domanda: «È tutto simbolico nella Bibbia o c’è qualcosa di vero?».
La domanda di Elena, di cui ho citato solo un paio di frasi, richiederebbe una lunga riflessione. Mi limito perciò a condividere un paio di punti: ci sono tante correnti esegetiche e alcune hanno una componente di pregiudizio laico (e quasi ateo). Benedetto XVI ha criticato queste correnti nella sua opera Gesù di Nazaret, perché si occupavano della Bibbia con un pregiudizio.
Faccio due esempi: siccome non vedono miracoli a ogni angolo di strada, allora i miracoli nella Bibbia sono solo simbolici; non credendo che esistano forze del male, gli indemoniati sono solo malati mentali... e così via. Sono spesso letture che non lasciano spazio alla dimensione di ispirazione della pagina sacra e non le permettono di dire la sua bellezza e la sua unicità.
Certamente i libri biblici sono stati scritti in dialogo con la cultura circostante e quindi anche uno studio comparato ha i suoi benefici. Ma bisogna tener conto anche di due differenze importanti: non sono stati scritti per fare un racconto o resoconto storico, ma per dire la fede con il linguaggio del tempo; c’è poi l’intervento di Dio che soffia il suo Spirito in questa parola e la rende ispirata e ispiratrice. E la prova è che è una parola che ispira grandi cose nelle vite delle persone che la leggono e accolgono con fede.
Bisogna certamente avvicinarsi alle Sacre Scritture con gli strumenti del ricercatore e con le acquisizioni via via fatte nei secoli per conoscerne il senso letterario, ma bisogna anche accostarsi ad essa per scoprire il senso morale ed esistenziale; e infine bisogna soprattutto guardarla con gli «occhi della Colomba», come scriveva san Gregorio di Nissa, ovvero con lo sguardo illuminato dallo Spirito Santo per scoprire il senso spirituale e le verità eterne che si comunicano nell’umiltà di una parola quotidiana, proprio come, nella carne di Gesù, Dio stesso era presente e comunicava con gli umani.