(Foto Reuters: l'ex presidente brasiliano Lula, 75 anni)
In piena pandemia, mentre il Brasile annaspa nell'emergenza sanitaria, Luiz Inácio Lula da Silva, il 75enne ex presidente-operaio, torna alla ribalta e, con molta probabilità, si prepara a correre di nuovo per la presidenza. Il giudice del Supremo tribunale federale brasiliano Edson Fachin ha annullatto tutte le condanne inflitte all’ex presidente dalla giustizia federale dello Stato del Paranà dichiarando l’incompetenza del tribunale su quel processo e ha stabilito che i casi vengano trasferiti alla giustizia del Distretto federale. Lula - presidente del Brasile dal 2003 al 2011 - era stato condannato a 12 anni e un mese di detenzione nel 2018 per corruzione e riciclaggio di denaro nell’ambito della maxi-inchiesta Operação Lava jato (Operazione autolavaggio, la Tangentopoli brasiliana), il clamoroso scandalo iniziato nel 2014 che ha portato alla luce un sistema di tangenti all’interno della compagnia petrolifera statale Petrobras e che ha coinvolto un alto numero di deputati e senatori, gettando il mondo politico nella bufera. L’indagine è stata condotta dalla sezione di Curitiba (Paranà), della polizia federale e guidata dall’allora giudice del Tribunale federale Sergio Moro. Quest’ultimo è stato poi scelto dal presidente Jair Bolsonaro, appena eletto, come ministro della Giustizia, ma ha lasciato l’incarico ad aprile del 2020 a causa dei tentativi di interferenza da parte di Bolsonaro nel suo operato giudiziario.
Lula è entrato in carcere il 7 aprile del 2018. A novembre del 2019 è stato scarcerato (in attesa di sentenza definitiva). In questi anni ha sempre continuato a rigettare le accuse, proclamarsi innocente e affermare di essere stato vittima di una persecuzione politica orchestrata e di una strategia golpista, la stessa che nel 2016, secondo Lula, aveva portato all’impeachment dell’allora presidente Dilma Rousseff, sua erede.
Il terremoto politico causato dalla maxi-inchiesta ha scosso profondamente l’opinione pubblica e portato a un clima di forte disillusione e rabbia nei confronti dei partiti tradizionali e in particolare del Partito dei lavoratori (Pt) di Lula. E’ in questo contesto di malcontento generalizzato che è maturata l’ascesa politica dell’outsider populista Jair Bolsonaro, ex capitano dell’esercito: la sua elezione a presidente è stata una sorta di reazione alla gestione politica degli anni precedenti.
Ora, con l’annullamento dele condanne penali, Lula recupera i suoi diritti politici e potrà quindi candidarsi di nuovo alla presidenza nel 2022 scontrandosi con Bolsonaro. Una possibilità che gli era stata negata alle precedenti elezioni di ottobre 2018: il Tribunale supremo elettorale aveva respinto la candidatuta di Lula giudicando non vincolante la richiesta avanzata dal Comitato per i diritti umani dell’Onu di garantire all’ex presidente l’esercizio dei suoi diritti civili e politici finché non avesse esaurito tutti i gradi di ricorso giudiziario. Al suo posto si è poi candidato per il Pt l’ex sindaco di San Paolo Fernando Haddad, che è stato travolto dal ciclone di Bolsonaro e del bolsonarismo.
Nel 2022 dunque si potrebbe assistere allo scontro diretto tra i due protagonisti della forte polarizzazione politica del Brasile di questi ultimi anni. Secondo vari analisti politici brasiliani, l’ex presidente-operaio avrebbe buone probabilità di vincere. Va ricordato che quando lasciò il potere, dopo due mandati, Lula raccoglieva ancora un consenso enorme, intorno all’80%. Certo, poi c’è stato lo scandalo Petrobras, la crisi del Partito dei lavoratori, l’allontanamento di tanti sostenitori dal partito di Lula, le accuse e le condanne per l’ex presidente. Ma oggi Lula potrebbe essere avvantaggiato dall’ondata anti-bolsonarista, legata in particolare alla gestione disastrosa della crisi sanitaria nell’ultimo anno da parte del capo di Stato (il Brasile, ricordiamo, è il terzo Paese al mondo per contagi, il secondo per numero di decessi legati al Covid).L’"antipetismo” (il malcontento verso il Pt) ha già raggiunto il suo apice ed è probabilmente in fase calante. L’antibolsonarismo è nel pieno del suo vigore. Buona parte dei brasiliani è delusa ed esasperata. La tragedia del Covid-19 potrebbe segnare il ritorno di Lula.