La lettura della sentenza della Corte di Cassazione (Reuters).
Giustizia è stata fatta. Questo sì, possiamo dirlo. Tecnicamente, al di là del merito del verdetto, perché un verdetto c'è stato, perché il processo Mediaset, che poteva prescriversi sul filo di lana, dichiarando la sconfitta del sistema giustizia, non si è estinto senza una risposta. Dopo vent'anni in cui, troppe volte, una prescrizione è stata salutata (più o meno pubblicamente) come un successo da imputati eccellenti sollevati dallo scampato pericolo, possiamo dire che il sistema ha funzionato: ha rispettato i tempi, ha lasciato fuori le pressioni esterne, che pure erano fortissime. E forse è il caso di farlo notare anche a quelli che nei giorni e
nei mesi scorsi, tifando per la condanna di Silvio Berlusconi, hanno incautamente gettato
sulle toghe di questi giudici il sospetto preventivo d'un colore favorevole all'imputato potente.
Né possiamo dire, come pure s'è detto, che la rimodulazione dell'interdizione, già chiesta dal procuratore generale, sia uno sconto "simbolico", quasi che gli si possa attribuire un significato politico. E', invece, un mero fatto tecnico. La Corte d'appello di Milano aveva applicato l'interdizione che si applica ai reati ordinari, anziché quella specifica per i reati fiscali, una decisione consapevole e motivata nella sentenza, che i giudici della Cassazione, però, non hanno condiviso. Che succede ora? Si torna in Appello, ma solo per rideterminare questa parte. La pena accessoria è automatica: i cinque anni diventeranno probabilmente tre.
Fin qui la giustizia tecnica, il processo con le sue regole, con il suo sistema chiuso.
Se però siamo arrivati a questo punto, a una sentenza definitiva sul filo di lana, così simbolicamente, e politicamente proprio malgrado, impegnativa, dobbiamo dire che un'altra cosa invece non ha funzionato affatto ed è il senso di giustizia che, da cittadini e da politici, dovremmo avere introiettato.
Quando la magistratura arriva è sempre tardi: un reato è già stato commesso. Prevenire non si può più, si può solo giudicare. Prevenire è un problema della politica e della cittadinanza. Qualcuno forse dirà che tre anni d'interdizione sono meglio (o peggio) di 5, ma il solo fatto che aspettiamo una sentenza, per dire dov'è il limite di sregolatezza oltre il quale non vogliamo più essere rappresentati, è segno che gli anticorpi non hanno funzionato. O meglio hanno funzionato, giustamente, con Josefa Idem. Ora, però, bisognerà spiegare agli italiani perché invece con altri no. E non sarà facilissimo, perché la sproporzione economica, politica, giuridica delle mancanze è notevole. Facile che sia questo il problema del Governo, prima che arrivino i giudici della Corte d'appello a rideterminare l'interdizione.