È una delle massime esperte in Italia di “intercultura”. «Una parola che sembra difficile, ma che in realtà significa qualcosa di molto semplice. È l’educazione rivolta sia agli italiani che agli immigrati per imparare a vivere insieme, a rispettarsi, a sconfiggere razzismo e xenofobia, cioè la paura dell’altro». Milena Santerini, 66 anni, è docente di Pedagogia all’Università cattolica di Milano da oltre trent’anni. Lo scorso gennaio è stata nominata dal Consiglio dei ministri coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo. Nomina che è stata annunciata dal premier Giuseppe Conte pochi giorni prima del 27 gennaio, giorno della memoria della Shoah, il genocidio degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale. L’apprezzamento da parte delle comunità ebraiche italiane dopo questa decisione è solo uno degli attestati di stima che la professoressa ha ricevuto, stima che si è guadagnata in anni di lavoro sul campo.
Un punto di riferimento
Nata a Roma ma ormai milanese d’adozione, Milena Santerini non è per nulla una docente da scrivania. Sul territorio lombardo, e non solo, è un punto di riferimento per gli insegnanti, le associazioni di volontariato, le famiglie adottive, ovvero tutti i luoghi in cui si è alle prese con le sfide di una società multiculturale. È una sensibilità, quella dell’incontro con l’“altro”, che porta con sé fin dalla giovinezza: dal 1971 fa parte della Comunità di Sant’Egidio, movimento ecclesiale che ha al centro della sua missione l’accoglienza dei poveri e il dialogo interreligioso. Nel suo ufficio di Milano, guardando fuori dalla finestra che dà sui chiostri dell’università, ricorda un giorno del 1994: «Da qualche anno avevo cominciato a seguire la formazione degli insegnanti sulla Shoah, accompagnando Liliana Segre, sopravvissuta alla persecuzione nazista, nelle scuole. Nel 1994, insieme con l’arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini, decidemmo di organizzare un convegno qui in Cattolica dal titolo Educare dopo Auschwitz. Ci aspettavamo cento persone, ne arrivarono 600. Era il momento in cui si prendeva coscienza della memoria, i testimoni uscivano dal silenzio e cominciavano a parlare… Iniziai a lavorare moltissimo con gli insegnanti e gli studenti, a scrivere e a fare ricerca. Insieme alla Comunità di Sant’Egidio e a Liliana cominciammo a fare memoria anche a Milano dei deportati. A Roma c’era già un’iniziativa: un cammino che partiva dal ghetto e arrivava fino al Piazzale 12 ottobre, per ricordare la grande razzia degli ebrei romani nel ’43. A Milano, invece, non si faceva nulla. Trovammo alla Stazione centrale dei treni i sotterranei da dove era partita Liliana nel ’44 e decidemmo di tenere lì un incontro tutti gli anni, il 30 gennaio. In seguito ho suggerito alla comunità ebraica di prendere stabilmente i locali ed è nato il Memoriale della Shoah al binario 21. Finché nel 2000 una legge ha istituito la Giornata della memoria, il 27 gennaio». «Il paradosso», dice con amarezza Santerini, «è che in prossimità del giorno della memoria, ogni anno, si intensificano gli episodi di razzismo. Contro gli ebrei, ma anche ma anche contro chi viene semplicemente percepito come “diverso” o “straniero”. Amos Luzzato lo definiva l’“anti-qualcunismo”: si individua un capro espiatorio che può essere il nero, lo straniero, semplicemente “l’altro”». Lo scorso gennaio gli atti intimidatori hanno fatto temere un’escalation. A Mondovì, nel cuneese, è comparsa una scritta antisemita sulla porta di casa Rolfi, dove fino al 1996 aveva vissuto Lidia, staffetta partigiana e voce degli orrori dei lager nazisti. A Rezzato, nel bresciano, un raid ha devastato il bar gestito da una donna di origine marocchina, con una svastica e scritte razziste e sessiste lasciate sul pavimento. A Torino, un’altra scritta antisemita sulla porta della famiglia in cui ha vissuto una staffetta partigiana.
Un antisemitismo nuovo
La nomina di una coordinatrice nazionale per la lotta all’antisemitismo, dopo questi e altri eventi simili, è un segno di attenzione importante. «Mi avvarrò di gruppi di lavoro, di tecnici e di esperti», anticipa Santerini. «Uno dei compiti sarà ridefinire cos’è oggi l’antisemitismo, un fenomeno antico che però sta assumendo forme nuove. Il web, che può essere uno strumento meraviglioso, riesce però a diffondere le manipolazioni e le false notizie molto più che in passato. La propaganda nazista aveva i manifesti, ma non aveva questo dilagare liquido, dove non c’è una verità e le forme di odio si mischiano: si può essere contro gli ebrei, ma anche contro gli stranieri. E contro le donne: da un’analisi che abbiamo fatto su Twitter sono risultate al primo posto fra i bersagli dell’odio online». La coordinatrice nazionale potrà fare proposte anche sul piano normativo: «Non servirà una nuova legge», precisa Santerini, «basterà applicare meglio quelle che abbiamo, in modo da perseguire chi si rende responsabile di reati di antisemitismo». La docente della Cattolica mantiene ferma la convinzione che l’educazione sia la leva più importante: «Credo che il dialogo diretto, soprattutto con i giovani, serva ancora. Per questo gli insegnanti non devono avere paura di esporli a quello che è stato la Shoah. Vedo nei ragazzi la paura di chiamare il male con il loro nome, anche la paura della sofferenza. Preferiscono non pensare a certe cose, con il rischio di sprofondare nell’indifferenza. Personalmente, sono molto favorevole alla lezione dei “giusti”, cioè delle persone che hanno avuto il coraggio di dire di “no” in mezzo all’orrore. È quello che dice sempre Liliana Segre ai ragazzi: “Potete scegliere”».
L’eredità di Martini
Accogliere l’altro, lo straniero, chi professa un’altra religione non è per Milena Santerini un atto di “buonismo”, ma un passaggio inevitabile per costruire la società del futuro, nella quale siamo già immersi. «Le società crescono nella diversità. C’è progresso se sono dinamiche, altrimenti si chiudono in sé stesse e muoiono. Milano ha una vocazione in questo senso e la sta esprimendo bene, con un’apertura positiva, attiva e gioiosa alla diversità. Un’apertura che parte proprio dall’idea che si cresce solo insieme. Tutte le società sono nate dalle migrazioni, solo l’ignoranza impedisce di vederlo. La storia ci dice che tutti veniamo da un unico ceppo, quello africano. Le recenti scoperte delle neuroscienze mostrano che, grazie ai neuroni specchio, abbiamo un meccanismo originario che ci porta a riconoscere nell’altro noi stessi: una sorta di empatia innata. Questo non significa che siamo naturalmente buoni, ma che è possibile lavorare su questa potenzialità». La città cosmopolita in cui Santerini ha lavorato per oltre trent’anni, secondo la docente della Cattolica, deve molto al cardinale Martini, che volle fortemente il dialogo con persone di altre fedi. «Andavamo molto d’accordo», racconta. «Avevamo la stessa sensibilità, curiosità e vicinanza agli altri che nasce dalla Parola del Vangelo. Una Parola viva, non sclerotizzata. Aveva lo stesso approccio della nostra Comunità: non ideologico, di incontro radicato nella fede cristiana. A Roma alla fine degli anni Settanta, quando era rettore dell’Istituto Biblico, frequentava Sant’Egidio. Veniva a celebrare in periferia, spesso si univa a noi giovani per una pizza o il cinema. Mi ricordo che seguiva un anziano di Trastevere ferocemente anticlericale e si divertiva tantissimo a chiacchierare con lui. Un giorno mi chiese di scrivere un libro su Maria e sulle donne nella Chiesa. Non lo feci, non mi sentivo in grado. Però ci ho ripensato proprio in questi giorni con gratitudine, per la stima che ha avuto per me in quel momento».
Una vita per il dialogo
Nata nel 1953, sposata, è docente di Pedagogia all’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano, coordinatrice nazionale per la lotta all’antisemitismo, vicepresidente della Fondazione memoriale della Shoah di Milano, componente del Consiglio didattico nazionale del Museo della Shoah di Roma e del Centro di documentazione ebraica contemporanea. È collaboratrice del Forum internazionale Democrazia e religioni per la promozione dell’integrazione delle minoranze religiose in Italia e membro della Comunità di Sant’Egidio dal 1971. Nella scorsa legislatura (2013-2018) era stata eletta alla Camera nelle liste di Scelta civica. È Cavaliere al merito della Repubblica.