La scorsa domenica si è celebrata due volte la vita.
La Giornata della Vita, per le vite che nascono, per tutti gli operatori di buona volontà che si spendono perché nascano, per stare accanto alle mamme, alle famiglie. Perché di bambini ha bisogno il mondo e il nostro Paese, sempre più vecchio e desolato.
E si celebrava anche la Giornata della vita religiosa. Cose da preti, si dirà.affatto: la vita religiosa è la vocazione di suore, di religiosi non sacerdoti, di sacerdoti che appartengono a un ordine religioso, di consacrati. Pare difficile da comprendere ma guardiamo l’esperienza. Sono i volti che troviamo accanto ai nostri figli, nelle scuole di ogni ordine grado, negli ospedali, nelle case di cura, nelle residenze per anziani, nelle case famiglia, i volti di chi ci ospita aprendo le porte delle case generalizie, delle case vacanze, di chi ci offre libri e giornali con un punto di vista cristiano.
Nei Paesi più lontani sono i volti di missionarie e missionari che si dedicano nei dispensari, nei lebbrosari, nursery, consultori… Un esercito senza spada e, purtroppo, spesso senza scudo.
Dagli ultimi dati i religiosi (ordinati e non) sono più o meno 170.000, 590.000 religiose. Per continuare con numeri che impressionano, a loro si deve l’esistenza di circa 74.000 scuole materne, 102.000 primarie, 50.000 medie inferiori e superiori, oltre 100.000 istituti sanitari.
Ci sono consacrati non religiosi, senza un abito ma con una professione di voti o promesse. Perché rinascono forme di consacrazione che si ritenevano passate, come eremiti, vergini.
Ci sono in tutti i movimenti ecclesiali, associazioni di fedeli, organismi internazionali radicati in diocesi o in diversi Paesi con i voti di castità, povertà e obbedienza, perché nella Chiesa c’è sempre stata una grande fantasia, degli uomini e dello Spirito Santo.
Grandi numeri eppure in costante calo. Un trend irreversibile cui pare ci si debba rassegnare come se avessimo perso fiducia in Chi le vocazioni le suscita, come se questa crisi di fede fosse un portato naturale del progresso. Quando se ne parla, anche con figure autorevoli, si notano al più profondi sospiri. Eppure se dai primi apostoli in poi la fede si è sempre trasmessa per contagio, per l’incontro con testimoni credibili, la palla passa a chi non è più testimone credibile.
Incolpare i tempora e mores e i condizionamenti culturali è una giustificazione riduttiva. Forse che in 2000 anni di storia del cristianesimo si sono vissute epoche più facili? Materialmente e un po’ egoisticamente pensiamo alla perdita di tante realtà create e sostenute dai religiosi nel mondo.
È vero che non è il fare, a rischio volontarismo, che esprime innanzitutto la fede, ma sappiamo che questa senza le opere è lettera morta. E chi porterà avanti le opere, senza il cuore, la mente, le mani di chi si dona alla vita religiosa? Gesù è stato presentato al tempio. Si è offerto alla Chiesa come consacrato.
Pregare per le vocazioni alla vita religiosa significa pregare non per la Chiesa in astratto, che comunque è custodita dal Signore. Ma pregare per noi.
(foto in alto: iStock)