Da Washington - Negli ultimi 6 anni in Messico sono scomparse 25 mila persone fra le quali
parecchi bambini. I dati sono stati resi noti alla fine del mandato del
presidente Felipe Calderon, dall’avvocato generale delloStato che ha anche
quantificato, per lo stesso periodo, a circa 100 mila le vittime della violenza
collegata al traffico di droga che ha scatenato la guerra fra gang di strada e
mafia.
I nomi delle vittime della violenza che negli anni del Governo Calderon
ha letteralmente sfasciato il Paese, sono elencati su un programma Microsoft
Excel che riporta la data della loro scomparsa, l’eta’, la loro occupazione,
gli abiti che indossavano e particolari allarmanti sulla famiglia. A esempio: “Il figlio era un drogato” oppure “La moglie è andata in farmacia e
non è più tornata” o ancora “La figlia è stata spintonata dentro un’auto da
due uomini”. L’inquietante documento è stato reso pubblico grazie alla
collaborazione di alcuni funzionari statali frustrati dall’inerzia del Governo
nell’ordinare inchieste attendibili sulle persone scomparse. La lista, spiegano
gli addetti ai lavori, non è completa e meno che mai precisa perchè qualche
desparecido potrebbe essere tornato a casa e molti altri non sono mai stati
denunciati dalle famiglie.
“Il governo ci ha abbandonati – spiega il responsabile del gruppo United
Forces for Our Missing In Mexico, Juan Lopez Villanueva – cosa ha mai fatto per
noi? Assolutamente nulla”. Secondo le stime della commissione Nazionale per i Diritti Umani, più di
7 mila cadaveri senza nome giacciono dei freezer degli obitori o sono stati
gettati in fosse comuni. Se si considerano i dati di questa commissione, che
denuncia inoltre fra il 2006 ed il 2011 la scomparsa di 18 mila persone, i
numeri riportati nell’elenco pubblicato dall’avvocato generale
dello Stato, sono attendibili.
Il portavoce del presidente Calderon si è rifiutato di fare commenti
sul fatto che i dati sui desparecidos non sono stati resi noti prima. I nemici
del Presidente spiegano questa assoluta mancanza di trasparenza col fatto che
Felipe Calderon voleva evitare di minare l’illusione sul funzionamento di
quella che lui definiva la sua lotta contro la criminalità, condotta con la
sponsorizzazione dagli Stati Uniti.
“Pubblicare dati da cui emerge che nel Paese nel giro di sei anni sono
scomparse 25 mila persone – ha detto la direttrice del centro studi Mexico Evalua,
Edna Jaime Trevino – significa rinforzare il concetto che il Paese è dominato
dalla violenza”. Sara’ compito del Governo del nuovo presidente Enrique Pena Nieto
gestire l’intricata matassa con l’apertura di una serie di indagini
sollecitate in questi giorni a piena voce non soltanto dall’Inter-American
Court Of Human Right, ma anche dalle Nazioni Unite.
Uno degli esempi più clamorosi su come la polizia non si occupa
minimamente dei cittadini è quello del proprietario di un negozio
alimentare nello stato di Durango, Antonio Verastegui e di suo nipote, studente
di ingegneria, “arrestati” il 24 gennaio 2009 mentre tornavano da una festa
religiosa da uomini incappucciati che portavano però giubbini antiproiettile
della polizia. Secondo Jorge Verastengui, che chiesto aiuto per poter
rintracciare fratello e nipote, il comandante della
polizia locale ha descritto così i fatti: i due sarebbero stati arrestati per sbaglio, picchiati, detenuti
un paio di giorni, poi rilasciati. La realtà pero’ non corrisponde alle
dichiarazioni del capo della polizia perche’ i due non sono mai tornati a
casa.
“Se il governo Calderon – ha commentato Jorge Verastegui – avesse
pubblicato i dati sugli scomparsi, si sarebbe fatto una gran brutta pubblicità.
Ha dunque scelto di ignorarci, schierandosi con la polizia e fingendo di non
vedere la realtà”.