Sono mamma di un 11enne e ho iniziato, come tutti in questa fase, ad avere difficoltà a relazionarmi con lui. Capisco in questo momento di aver bisogno di lavorare su di me, non sulla relazione con lui. Le sue esigenze sono chiare e comprensibili, sono io che fatico ad assecondarlo e a lasciargli la libertà che merita. Le faccio un esempio: lui e il fratello minore fanno tante attività extrascolastiche (musica, sport, lingue straniere), ma quando sono a casa il loro unico interesse sono i videogiochi. Questa cosa mi fa arrabbiare moltissimo perché a casa sembra non riescano a trascorrere.
Ho sempre pensato che la noia sia il peggior nemico dell’apprendimento a scuola. Ripenso a ore trascorse a guardare fuori dalla finestra prima e all’orologio poi, per scoprire che erano passati solo pochi minuti dal controllo precedente. In sottofondo quelle parole dal tono costante del professore, che non disturbavano e anzi favorivano la tentazione del sonno. Ma ricordo ancora il giorno che una supplente entrò in classe e cominciò a scrivere sulla lavagna “lucida follia, silenzio eloquente, uno per tutti, tutti per uno, bisogna avere fegato, carta canta, il troppo stroppia” e altre figure retoriche, che non ricordo ma che da allora mi intrigano. Le propongo sempre a mia figlia, che a 10 anni ama in particolare le antifrasi tipo: “Magnifica giornata oggi” dopo una il tempo in altro modo. Gli ho imposto un limite di utilizzo ma questo ha creato un meccanismo che a volte mi si ritorce contro... Non so come accettare che il loro unico interesse in casa sia questo, gli propongo altre attività ma se non sono io a stimolarli non c’è speranza che facciano qualcosa di diverso. Come posso accettare tutto questo e vivere più serenamente? DONATELLA—
Cara Donatella, essere genitori di figli in preadolescenza significa fare molta fatica e trovarsi spesso sospesi in quel territorio di mezzo, di cui tu ci parli nella tua mail. Si vorrebbe sostenere la crescita, dare regole, essere adulti amorevoli venendo compresi nel nostro intento dai nostri stessi figli. Ci piacerebbe che i figli apprezzassero tutto il lavoro di sostegno e di attenzione che dedichiamo alla loro crescita.
Invece, quasi sempre, quando facciamo gli Adulti nella loro vita (intendo quelli con la A maiuscola) ci troviamo a scontrarci con loro che in nessun modo apprezzano e condividono il nostro definire limiti e regole, fornire confini e no che vengono pronunciati non per inibire la loro crescita, bensì per l’esatto contrario: sostenerli e proteggerli.
I figli non ci fanno l’applauso quando essere genitori comporta interagire con loro in modo ben diverso da ciò che farebbe il loro migliore amico. Ma è a questo che serve un adulto nella vita dei preadolescenti: a fare ciò che i loro migliori amici non sarebbero mai in grado di fare. È quando un genitore si trasforma in migliore amico del figlio, perdendo lo status di Adulto della sua vita, che cominciano i veri guai. Per cui a te, Donatella, così come a tutti gli altri genitori di figli nell’età dello tsunami, non posso che dire: continua a essere l’Adulta nella vita dei tuoi figli.
Non smettere mai di indicare loro la strada. Dì tutti i sì che sostengono la loro felicità (quella vera) ma non aver paura a dire i “no che aiutano a crescere”. Non devono essere troppi, ma ce ne sono di inevitabili. E spetta a noi adulti ribadirli. Facendoci diventare, agli occhi dei nostri figli, dei veri rompiscatole. Eppure non possiamo non esserlo. Perciò vivi serena, Donatella. Perché ciò che ti sta accadendo è proprio quello che deve accadere a tutti i genitori dei preadolescenti.