Mons. Vito Angiuli è Vescovo della diocesi di Ugento-S. Maria di Leuca e presidente della Commissione Cei sui laici.
Quanto petrolio ci sia non si sa. Che convenga estrarlo è tutto da dimostrare. L’impatto sull’industria del turismo, sulla qualità delle acque e sul sistema pesca che solo per l’Italia, dalla Puglia al Friuli, vale poco meno di 374 milioni di euro l’anno, sarebbe devastante. In caso di incidente petrolifero cosa accadrebbe?
Ecco perché la mobilitazione contro le trivellazioni per cercare petrolio nei fondali del mare Adriatico sta mobilitando cittadini, associazioni, da Legambiente a Greenpeace, e la Chiesa con prese di posizione molto nette, dai vescovi di Molise e Abruzzo (dove è in pericolo la Costa dei Trabocchi), che hanno scritto una nota congiunta, fino a quelli pugliesi.
«Non di solo petrolio vive l’uomo», dice il vescovo della diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca, monsignor Vito Angiuli, che ha scelto di essere in prima linea dopo la richiesta di cercare greggio al largo di Leuca, nel basso Salento, da parte dell’americana Global Med e della texana Schulmeberger. «C’è un legame tra le questioni ambientali e quelle sociali che non può mai essere spezzato, come insegna l’enciclica del Papa», dice Angiuli, «difendere l’ambiente significa salvare anche l’uomo».
L’assist per le trivellazioni in mare arriva dall’articolo 38 del decreto “Sblocca Italia” del Governo, che dà il via libera alle ricerche dell’oro nero definendo “strategiche” (senza alcuna distinzione) tutte le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi.
I sindaci del basso Salento insieme alle associazioni laicali della diocesi di Ugento hanno scritto al ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti chiedendo di valutare l’impatto ambientale. A oggi sono già 95 i permessi di ricerca rilasciati che mettono a “rischio trivelle” 11 mila chilometri quadrati nelle nostre acque