Il solito amico bacchettone e moralista si straccia le vesti perché su alcuni media, anche cattolici, fra cui Famiglia cristiana (in quest'articolo di Eugenio Arcidiacono), in un momento così drammatico, nel quale ci sembra essere sull’orlo dell’abisso, si discute di Sanremo e delle modalità della sua celebrazione (parola che richiama il culto). Come farlo sarà compito degli esperti e dei politici deciderlo. Personalmente dedicherei un attimo di riflessione alla questione del “senso” di tale evento nell’oggi della storia.
Innanzitutto, abbiamo bisogno anche (ovviamente non solo) di evasione e di alleggerimento proprio in momenti come questo (leggi pandemia) e in occasioni come la mestizia di certi politici e l’effervescenza fatua di altri. Sarà anche - e spesso lo è - “frivolo” il festival, ma potrà anche trattarsi della “leggerezza dell’essere”, che rende le questioni di senso sostenibili e non solo insostenibili e inaccessibili ai più. In ogni caso la diatriba si ripropone: Sanremo in presenza o solo virtuale, scuola in presenza o in dad, culto in presenza o zoomworship? Ma piantiamola con questi falsi dilemmi! Abbiamo bisogno di entrambe le modalità comunicative e riuscire ad integrarle in maniera armonica dipende dalle persone e dalle comunità che le mettono in atto. Inoltre, Sanremo può essere un momento riconciliativo, come lo è stata la vittoria di Bartali nel 1948 e il dramma dell’attentato a Togliatti di fronte al quale si rischiava la guerra civile. E se, come milioni di persone si ritrovano davanti a uno schermo per vivere momenti di emozione collettiva (e anche di indignazione), riuscissimo a ritrovarci davanti ad alcune emergenze fondamentali per attivare anche politicamente un progetto comune per il bene del Paese? Utopia, della quale si alimentano le svolte più significative della storia!
Infine, non di rado le cosiddette canzonette, si sono fatte e magari quest’anno ancor di più, si faranno, portatrici di discorsi di senso. Il vescovo Staglianò le canta e le commenta spesso nella sua pop-theology, personalmente mi sono esposto in questo esercizio, commentando sulle pagine di Famiglia cristiana (https://m.famigliacristiana.it/articolo/il-senso-della-vita-in-una-canzone.htm) la canzone di Simone Cristicchi dal titolo “Abbi cura di me!”, presentata al festival nel 2019. Riascoltarla e cercare di penetrarne il senso oggi, mi sembra di cogente attualità. L’augurio è allora quello di poterci emozionare anche quest’anno su temi così autentici e significativi. La modalità non ci sarà indifferente, ma come per il culto e la scuola, sarà orientata a quanto vorranno indicarci le autorità scientifiche e politiche preposte. Nessuno, infatti, mette in dubbio che la presenza sia qualitativamente preferibile alla distanza, ma cercheremo di colmare quest’ultima con attenzione ai contenuti di senso che autori e artisti vorranno proporci. Sanremo comunque presenta una peculiarità rispetto al culto e alla scuola: la maggior parte di noi lo ha sempre seguito a distanza, mentre solo pochi privilegiati potevano parteciparvi in presenza. Forse potrebbe essere un esempio di “a distanza” feconda, capace di unire ed emozionare.