Cari amici lettori, secondo una recente indagine di Demopolis, pubblicata lo scorso 18 gennaio, papa Francesco gode di una grande fiducia tra gli italiani, confermando – con un 76% di “gradimento”, cioè 3 italiani su 4 – di essere oggi «la figura pubblica della quale gli italiani si fidano di più». E questo non solo fra quanti sono credenti e praticanti ma anche fuori del “recinto” ecclesiale.
Tanto più interessante, fra i vari aspetti dell’indagine, è il fatto che il Pontefice è apprezzato non soltanto per il suo “stile” – «piace la sua sintonia con i bisogni reali delle famiglie, la chiarezza e la spontaneità delle sue parole», – ma anche e soprattutto per i contenuti, ovvero le scelte compiute nei 12 anni di pontificato: il richiamo costante alla pace contro le guerre e alla fratellanza contro l’odio, l’attenzione agli ultimi e ai deboli con il ritorno al Vangelo, la spontaneità e il modo di comunicare, l’attenzione verso i giovani come protagonisti del futuro, l’impegno per una Chiesa accogliente verso tutti, lo sforzo di rinnovamento dell’istituzione ecclesiale, l’attenzione alla crisi climatica e alla tutela dell’ambiente.
Anche l’aver individuato la “speranza” come tema del Giubileo rivela un Papa capace di avvertire una crisi che attraversa, potente, tutto il mondo e di cogliere le aspirazioni dell’opinione pubblica. È una bella notizia di cui rallegrarsi. Papa Francesco si è rivelato una delle poche voci veramente autorevoli in questa epoca di crisi.
Ricordo – e credo che sia ben impresso nella memoria di ciascuno – come ha accompagnato quel tempo di disorientamento che è stata la pandemia del 2020. Per contrasto, colpisce la notizia di pochi giorni fa di un prete, don Natale Santonocito, della diocesi di Palestrina, scomunicato per scisma, perché affermava che Bergoglio non è il vero Papa, tesi complottista che purtroppo – per quanto assurda e indifendibile – circola in alcune frange di cattolici tradizionalisti, con un corollario di tesi altrettanto ridicole (il Papa che tradirebbe la dottrina, sbilanciato sul sociale anziché sullo spirituale e così via). Il religioso scomunicato è l’ultimo di una serie di ecclesiastici incorsi nella stessa sanzione nell’arco di pochi mesi per lo stesso motivo.
Per evidenziare come queste idee siano irreali e false, basta rammentare la quantità di temi “spirituali” trattati da Bergoglio nelle udienze del mercoledì (senza contare le innumerevoli omelie, gli Angelus ecc., oltre che documenti specifici, come Dilexit nos sul Sacro Cuore di Gesù). E non bisogna dimenticare che la sua attenzione ai problemi sociali si colloca sulla scia di un magistero tradizionalissimo che, dall’enciclica Rerum novarum (1891) di Leone XIII in avanti, ha sempre prestato grande attenzione a ciò che oggi chiamiamo “dottrina sociale della Chiesa”.
Al di là di queste minuscole frange di contestatori, l’indagine di Demopolis mostra bene come il popolo di Dio abbia “fiuto” e colga nella figura di Francesco la guida di un pastore che ha «l’odore delle pecore», capace di cogliere le istanze del Vangelo e di tradurle nella vita quotidiana del nostro tempo. Un ¬fiuto che la tradizione teologica chiama sensus fidelium. Viene in mente, per l’analogia, una frase del Vangelo di Giovanni (10,14), dove a parlare è il Pastore per eccellenza, Gesù: «Conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me». E voi, cari amici? Raccontateci le vostre opinioni.
(Immagine in alto: foto Reuters)