Come ogni anno, con mia moglie ci siamo trovati a parlare delle vacanze di Pasqua che sono una bella occasione per stare con i figli a casa da scuola. Anche noi avremo qualche giorno di ferie e ci piacerebbe andare a fare un giro in Toscana. L’avevamo progettato per l’anno scorso, ma poi è saltato tutto per la pandemia. La domanda che ci facciamo ogni volta riguarda la presenza ai riti del Giovedì Santo e del Venerdì Santo, la Messa della notte di Pasqua, a cui non possiamo essere presenti in parrocchia, dove i ragazzi frequentano il catechismo. Nella mia famiglia d’origine sarebbe stato impensabile: niente televisione, digiuno, rosario, giro delle sette chiese... Ma anche noi ci chiediamo se a poco a poco non diventeremo come i tanti per cui Pasqua è il giorno dell’uovo di cioccolato, la colomba, per non parlare dei poveri capretti!
ENRICO
— Caro Enrico, forse la domanda andrebbe indirizzata a un sacerdote, ma certo io comprendo bene il desiderio di passare qualche giorno insieme in famiglia senza la pressione dei doveri di tutti i giorni, della scuola, del lavoro, dei mille impegni della quotidianità. Nello stesso tempo credo che anche tu avraiarchiviato nella mente, insieme a momenti considerati più noiosi e ripetitivi, uno di quei ricordi indelebili di fede vissuta, momenti in cui tutto appare chiaro e immediato. Io, ad esempio, non posso dimenticare il momento in cui durante la veglia di Pasqua l’oscurità profonda della chiesa viene a poco a poco illuminata...
Meri particolari, forse, ma che per alcuni possono rivelarsi lampanti, perché quel che conta veramente è il senso profondo della Pasqua che – ammettiamolo – è sconvolgente. Detto senza mezzi termini: il figlio di Dio è risorto dopo aver accettato di essere messo in croce come un uomo qualsiasi, patendo le sofferenze di un uomo qualsiasi. Sconvolgente al punto che dovremmo esserne sconvolti tutti i giorni della nostra vita. Figurarsi riuscire a comunicarlo ai nostri figli!
Mi scuso se non ti aiuto, ma credo che partendo da questa verità che fa nuove tutte le cose, si potrebbe riuscire ad accontentarsi dei nostri tentativi maldestri di viverla e assaporarla di volta in volta in modo diverso, con un rito, una rinuncia, un momento d’amore in famiglia da godersi appieno oppure – ancor più decisivo – l’accettazione di un momento difficile. L’importante, come dici tu, è non demordere, non lasciarsi andare a una visione sfuocata che a poco a poco ci metterebbe al riparo dalle domande scomode, ma che ci porterebbe via tanto, per non dire tutto.