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martedì 28 marzo 2023
 
QUASI UN TESTAMENTO
 

Piero Angela, quando a 91 anni parlava di futuro

13/08/2022  Un'intervista, quasi testamento, uscita sul numero 9/2020 di Famiglia Cristiana: il futuro, l'ambiente, la fede e la scienza

Il futuro è per tutti una terra incognita, a 91 anni si potrebbe decidere di viverlo come una terra straniera, accontentandosi del passato e del presente, specie se sono ricchissimi di storia e di storie come quelle di Piero Angela. E invece no. Il 6 marzo 2020 (Coronavirus permettendo) sarà a Torino per la conclusione del ciclo di incontri “Prepararsi al futuro. Dialoghi sulla sostenibilità”, che il maestro della divulgazione scientifica coordina da tempo in collaborazione con il Politecnico di Torino, la Fondazione scuola della Compagnia di San Paolo e l’Ufficio scolastico regionale del Piemonte. Un progetto che si diffonde in altre università e destinato a studenti che potrebbero essere suoi nipoti.

Dottor Angela, a chi pensa quando parla di futuro?

«Alla mia discendenza in senso lato. Darwin diceva che nella selezione naturale non vince il più forte né il più adatto all’ambiente, ma colui che ha figli che a loro volta generano figli (non troppi). Mi identifico nei giovani, mi rivedo quando avevo la loro età ed ero molto ignorante. Ho capito vivendo che l’esperienza non sta tanto nell’aver affrontato prove, ma nel poter contare su un bagaglio di conoscenze che continuamente si arricchisce: crescere in età e non mantiene lo stesso schema, ma è ogni volta nuovo».

Con Internet le credenze antiscientifiche si diffondono di più?

«Il pensiero magico è sempre presente in un certo numero di persone, si tende a seguire chi promette cose meravigliose. Da lì a cadere nelle trappole di maghi e guaritori, ma anche solo di notizie false, il passo è breve. In Internet le bufale rimbalzano in gruppi che tendono a condividere e ribadire sempre le stesse argomentazioni, mentre gli scettici rilanciano molto meno. Insegnare a distinguere è il problema sociale e politico del nostro tempo».

Si può dare in poche parole un consiglio per difendersi dalle bufale?

«Guardate la fonte. Se la notizia viene da un grande centro di ricerca o da un’università importante, da una figura di nota autorevolezza o trova la loro conferma, è probabile che sia attendibile; se invece arriva da un ricercatore di un angolo del mondo sperduto, occorre attendere che la comunità scientifica la confermi».

Ai giovani in cerca di futuro che consiglio darebbe?

«Il mondo tra dieci anni è imprevedibile come la scacchiera tra dieci mosse in una partita a scacchi. Ma sappiamo che chi gioca male perde. Perciò, quale che sia il vostro campo siate seri negli studi, puntate all’eccellenza e non al pezzo di carta: vi si chiederà di rispondere a domande che cambiano e la flessibilità è la qualità dell’uomo, sinonimo della sua intelligenza».

Va in questa direzione il progetto “Prepararsi al futuro”?

«Sì, è un’idea che ho potuto realizzare grazie al professor Francesco Profumo, ex rettore del Politecnico di Torino: alle scuole superiori si insegnano troppo poco il metodo scientifico e la sua etica. In questi incontri scommettiamo sull’allargamento degli orizzonti, ospitando persone di alto livello per parlare con i giovani di economia, demografia, nuove tecnologie, creatività, imprenditorialità, anche per far capire che la politica non è solo fango reciproco, ma lungimiranza».

A proposito: in un suo libro sugli oceani del 1980 si parlava di un’isola piena di plastica.

«Il buon senso avrebbe detto: se continuiamo così, tra quarant’anni la plastica in mare sarà un’emergenza. Ma non si è cambiata la rotta: è giusto pretendere che la politica faccia la sua parte, ma noi dobbiamo sporcare meno. È il controllo sociale a far sì che un Paese sia una comunità, oltreché un’espressione geografica».

E la politica in tutto questo che ruolo ha?

«Per millenni persone bene o male amministrate sono rimaste povere, malate. Quando è nato mio padre, contemporaneo di Garibaldi, il mondo non era diversissimo da quello degli antichi romani, la svolta è avvenuta grazie all’energia, che è una tecnologia. Governare il cambiamento, anche controllandolo, è il compito della politica».

Escono notizie di episodi di negazionismo: al figlio di un giusto tra le nazioni che effetto fa?

«Gli ideali della Resistenza sono stati travolti da piccoli o grandi interessi e a me questo dispiace. È normale sentirsi sdegnati, ma se si tratta di manifestazioni isolate farei attenzione a non dare troppo rilievo, per non innescare acritici fenomeni imitativi».

Nel suo libro di memorie da uomo di scienza laico accenna al tema della fede.

«Tra gli scienziati ci sono credenti, non credenti e agnostici, è un fatto personale. Fede e scienza sono due modi di conoscere che passano per strade diverse e parallele. Penso che sia bene che i due ambiti restino il più possibile separati».

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