“Il Signore mi chiama a salire sul monte, a dedicarmi ancora di più alla preghiera e alla meditazione”. Benedetto XVI, nell’ultimo Angelus del suo pontificato ringrazia “per le vostre preghiere e per l’affetto che mi avete dimostrato in questi giorni”, è riconoscente “per la solidarietà e per le preghiere con le quali mi state accompagnando in questi giorni”, “per la condivisione, in questo momento particolare per la mia persona e per la Chiesa”.
In piazza, sfidando la minaccia di pioggia, sventolano cartelli e striscioni. “Fedeli al Papa”, “Con il Papa… sempre”, “Abbracciasti l’Aquila terremotata. Ti siamo sempre riconoscenti”. In tanti sono già in San Pietro dalle prime ore della giornata. Per le 12 almeno centomila riempiono lo spiazzo sotto la finestra del Papa e l’inizio di via della Conciliazione. A loro il Papa ricorda il Vangelo della Trasfigurazione e sottolinea che “la preghiera non è un isolarsi dal mondo e dalle sue contraddizioni”.
Le parole del Vangelo di Luca, dice Benedetto, “le sento particolarmente rivolte a me, in questo momento della mia vita”. Ma, come già aveva rassicurato nell’incontro con il clero di Roma, papa Ratzinger non sarà lontano dalla sua Chiesa. Salire sul monte “non significa abbandonare la Chiesa, anzi, se Dio mi chiede questo è proprio perché io possa continuare a servirla con la stessa dedizione e lo stesso amore con cui l’ho fatto fino a ora, ma in un modo più adatto alla mia età e alle mie forze”.
Annachiara Valle
«SIGNORE, NON FARMI QUESTO!
«Quando, lentamente, l’andamento delle votazioni mi ha fatto capire che, per così dire, la scure sarebbe caduta su di me, la mia testa ha incominciato a girare. Ero convinto di aver svolto l’opera di tutta una vita e di poter sperare di finire i miei giorni in tranquillità. Con profonda convinzione ho detto al Signore: non farmi questo! Disponi di persone più giovani e migliori, che possono affrontare questo grande compito con tutt’altro slancio e tutt'altra forza».
(Lunedì 25 aprile 2005, Discorso
alle delegazioni e ai pellegrini giunti
dalla Germania per l’elezione)
LA FAMIGLIA
«Una questione nevralgica, che richiede la nostra più grande attenzione pastorale, è quella della famiglia. In Italia, ancor più che in altri Paesi, la famiglia rappresenta davvero la cellula fondamentale della società, è profondamente radicata nel cuore delle giovani generazioni e si fa carico di molteplici problemi, offrendo sostegno e rimedio a situazioni altrimenti disperate. E tuttavia anche in Italia la famiglia è esposta, nell'attuale clima culturale, a molti rischi e minacce che tutti conosciamo. Alla fragilità e instabilità interna di molte unioni coniugali si assomma infatti la tendenza, diffusa nella società e nella cultura, a contestare il carattere unico e la missione propria della famiglia fondata sul matrimonio».
(30 maggio 2005 - Discorso
tenuto ai partecipanti
all’Assemblea generale della Cei)
NELL'INFERNO IN TERRA, AUSCHWITZ
«Prendere la parola in questo luogo di orrore, di accumulo di crimini
contro Dio e contro l’uomo che non ha confronti nella storia, è quasi
impossibile – ed è particolarmente difficile e opprimente per un
cristiano, per un Papa che proviene dalla Germania. In un luogo come
questo vengono meno le parole, in fondo può restare soltanto uno
sbigottito silenzio – un silenzio che è un interiore grido verso Dio:
Perché, Signore, hai taciuto? Perché hai potuto tollerare tutto questo? È
in questo atteggiamento di silenzio che ci inchiniamo profondamente nel
nostro intimo davanti alla innumerevole schiera di coloro che qui hanno
sofferto e sono stati messi a morte; questo silenzio, tuttavia, diventa
poi domanda ad alta voce di perdono e di riconciliazione, un grido al
Dio vivente di non permettere mai più una simile cosa».
(28 maggio 2006 - Visita al Campo
di sterminio di Auschwitz)
DIRE DIO AL MONDO, COSI' ALLE NAZIONI UNITE
«Le Nazioni Unite rimangono un luogo privilegiato nel quale la Chiesa è
impegnata a portare la propria esperienza “in umanità”, sviluppata lungo
i secoli fra popoli di ogni razza e cultura, e a metterla a
disposizione di tutti i membri della comunità internazionale. Questa
esperienza ed attività, dirette a ottenere la libertà per ogni credente,
cercano inoltre di aumentare la protezione offerta ai diritti della
persona. Tali diritti sono basati e modellati sulla natura trascendente
della persona, che permette a uomini e donne di percorrere il loro
cammino di fede e la loro ricerca di Dio in questo mondo. Il
riconoscimento di questa dimensione va rafforzato se vogliamo sostenere
la speranza dell’umanità in un mondo migliore, e se vogliamo creare le
condizioni per la pace, lo sviluppo, la cooperazione e la garanzia dei
diritti delle generazioni future».
(18 aprile 2008 - Discorso all’Assemblea generale
dell’Organizzazione delle Nazioni Unite)
A LOURDES: MARIA, STELLA DELLA SPERANZA
«Il messaggio di Maria è un messaggio di speranza per tutti gli uomini e
per tutte le donne del nostro tempo, di qualunque Paese siano. Amo
invocare Maria come Stella della speranza (Enc. Spe salvi, n.50). Sulle
strade delle nostre vite, così spesso buie, lei è una luce di speranza
che ci rischiara e ci orienta nel nostro cammino. Mediante il suo “sì”,
mediante il dono generoso di se stessa, ha aperto a Dio le porte del
nostro mondo e della nostra storia. E ci invita a vivere come lei in una
speranza invincibile, rifiutando di ascoltare coloro che pretendono che
noi siamo prigionieri del fato. Essa ci accompagna con la sua presenza
materna in mezzo agli avvenimenti della vita delle persone, delle
famiglie e delle nazioni. Felici gli uomini e le donne che ripongono la
loro fiducia in Colui che, nel momento di offrire la sua vita per la
nostra salvezza, ci ha donato sua Madre perché fosse nostra Madre!».
(Lourdes, 14 settembre 2008
Omelia per il 150° anniversario
delle apparizioni mariane)
FRATELLI E SORELLE DELL'AFRICA
«All’alba della sua vita terrena, alcune tristi circostanze gli hanno
fatto calcare il suolo africano. Dio ha scelto il vostro continente
perché diventasse dimora del suo Figlio. Mediante Gesù, Dio è venuto
incontro ad ogni uomo, certamente, ma in modo particolare, incontro
all’uomo africano. L’Africa ha offerto al Figlio di Dio una terra che lo
ha nutrito e una protezione efficace. Mediante Gesù, duemila anni fa,
Dio stesso ha portato il sale e la luce all’Africa. Da allora, il seme
della sua presenza è sepolto nelle profondità del cuore di questo amato
continente ed esso germoglia a poco a poco al di là e attraverso le
vicissitudini della sua storia umana. In conseguenza della venuta di
Cristo che l’ha santificata con la sua presenza fisica, l’Africa ha
ricevuto una chiamata particolare a conoscere Cristo. Che gli Africani
ne siano fieri! Meditando e approfondendo spiritualmente e
teologicamente questa prima tappa della kénosi, l’Africano potrà trovare
le forze sufficienti per affrontare il suo quotidiano talvolta molto
duro, e potrà allora scoprire immensi spazi di fede e di speranza che
l’aiuteranno a crescere in Dio.
(19 marzo 2009 - Yaoundè,
incontro con il Consiglio
A GERUSALEMME, PREGHIERA PER LA PACE
«Dio di tutti i tempi,in occasione della mia visita a Gerusalemme, la
“Città della Pace”, patria spirituale di Ebrei, Cristiani e Musulmani,
porto al tuo cospetto le gioie, le speranze e le aspirazioni, le prove,
la sofferenza e il dolore di tutto il tuo popolo in ogni parte del
mondo. Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, ascolta il grido degli
afflitti, di chi ha paura, di chi è privo di speranza; manda la tua pace
in questa Terra Santa,nel Medio Oriente, in tutta la famiglia umana;
muovi i cuori di quanti invocano il tuo nome,perché percorrano umilmente
il cammino della giustizia e della compassione»
(12 maggio 2009 - Preghiera
al Muro occidentale di Gerusalemme)
MADRID, GMG, CORAGGIO CARI GIOVANI
«Sì, cari amici, Dio ci ama. Questa è la
grande verità della nostra vita e che dà senso a tutto il resto. Non
siamo frutto del caso o dell’irrazionalità, ma all’origine della nostra
esistenza c’è un progetto d’amore di Dio. Rimanere nel suo amore
significa quindi vivere radicati nella fede, perché la fede non è la
semplice accettazione di alcune verità astratte, bensì una relazione
intima con Cristo che ci porta ad aprire il nostro cuore a questo
mistero di amore e a vivere come persone che si riconoscono amate da
Dio. Se rimarrete nell’amore di Cristo, radicati nella fede,
incontrerete, anche in mezzo a contrarietà e sofferenze, la fonte della
gioia e dell’allegria. La fede non si oppone ai vostri ideali più alti,
al contrario, li eleva e li perfeziona. Cari giovani, non conformatevi
con qualcosa che sia meno della Verità e dell’Amore, non conformatevi
con qualcuno che sia meno di Cristo».
(Madrid, 20 agosto 2011,
Giornata mondiale della gioventù,
Veglia di preghiera)
IN RICORDO DI GIOVANNI PAOLO II
«Vorrei infine rendere grazie a Dio anche per la personale
esperienza che mi ha concesso, di collaborare a lungo con il beato Papa
Giovanni Paolo II. Già prima avevo avuto modo di conoscerlo e di
stimarlo, ma dal 1982, quando mi chiamò a Roma come Prefetto della
Congregazione per la Dottrina della Fede, per 23 anni ho potuto stargli
vicino e venerare sempre più la sua persona. Il mio servizio è stato
sostenuto dalla sua profondità spirituale, dalla ricchezza delle sue
intuizioni. L’esempio della sua preghiera mi ha sempre colpito ed
edificato: egli si immergeva nell’incontro con Dio, pur in mezzo alle
molteplici incombenze del suo ministero. E poi la sua testimonianza
nella sofferenza: il Signore lo ha spogliato pian piano di tutto, ma
egli è rimasto sempre una “roccia”, come Cristo lo ha voluto. La sua
profonda umiltà, radicata nell’intima unione con Cristo, gli ha permesso
di continuare a guidare la Chiesa e a dare al mondo un messaggio ancora
più eloquente proprio nel tempo in cui le forze fisiche gli venivano
meno. Così egli ha realizzato in modo straordinario la vocazione di ogni
sacerdote e vescovo: diventare un tutt’uno con quel Gesù, che
quotidianamente riceve e offre nella Chiesa».
(1° maggio 2011,
Omelia per la beatificazione
di Giovanni Paolo II)
IL CONCILIO VATICANO II
«Come io stesso ho allora avuto modo di sperimentare, durante il
Concilio vi era una tensione commovente nei confronti del comune compito
di far risplendere la verità e la bellezza della fede nell’oggi del
nostro tempo, senza sacrificarla alle esigenze del presente né tenerla
legata al passato: nella fede risuona l’eterno presente di Dio, che
trascende il tempo e tuttavia può essere accolto da noi solamente nel
nostro irripetibile oggi. Perciò ritengo che la cosa più importante,
specialmente in una ricorrenza significativa come l’attuale, sia
ravvivare in tutta la Chiesa quella positiva tensione, quell’anelito a
riannunciare Cristo all’uomo contemporaneo. Ma affinché questa spinta
interiore alla nuova evangelizzazione non rimanga soltanto ideale e non
pecchi di confusione, occorre che essa si appoggi ad una base concreta e
precisa, e questa base sono i documenti del Concilio Vaticano II, nei
quali essa ha trovato espressione».(11 ottobre 2012 - Omelia per
l’inizio dell’Anno della fede)
FAMIGLIA,
LAVORO E FESTA
«Famiglia, lavoro, festa: tre doni
di Dio, tre dimensioni della nostra esistenza che devono trovare un
armonico equilibrio. Armonizzare i tempi del lavoro e le esigenze della
famiglia, la professione e la paternità e la maternità, il lavoro e la
festa, è importante per costruire società dal volto umano. In questo
privilegiate sempre la logica dell’essere rispetto a quella dell’avere:
la prima costruisce, la seconda finisce per distruggere. Occorre
educarsi a credere, prima di tutto in famiglia, nell’amore autentico,
quello che viene da Dio e ci unisce a Lui e proprio per questo «ci
trasforma in un Noi, che supera le nostre divisioni e ci fa diventare
una cosa sola, fino a che, alla fine, Dio sia “tutto in tutti” (1 Cor
15,28)" (Enc. Deus caritas est, 18). Amen».
(Milano, 3 gikugno
2012,
omelia per il VII Incontro
mondiale delle
famiglie)
PREGHIERA PER LA
VITA
«Signore Gesù, ridesta in noi il
rispetto per ogni vita umana nascente, rendici capaci di scorgere nel
frutto del grembo materno la mirabile opera del Creatore, disponi i
nostri cuori alla generosa accoglienza di ogni bambino che si affaccia
alla vita. ......
Accompagna con la luce del tuo Spirito le
scelte delle assemblee legislative, perché i popoli e le nazioni
riconoscano e rispettino la sacralità della vita, di ogni vita umana....
Educa tutti a prendersi cura dei bambini orfani o
abbandonati, perché possano sperimentare il calore della tua Carità, la
consolazione del tuo Cuore divino».
(27 novembre 2010
Veglia di
preghiera
per la vita nascente)
ALLA CARA, DILETTA CINA
«Nostra Signora di Sheshan,
sostieni l’impegno di quanti in Cina, tra le quotidiane fatiche,
continuano a credere, a sperare, ad amare, affinché mai temano di
parlare di Gesù al mondo e del mondo a Gesù. Nella statua che sovrasta
il Santuario tu sorreggi in alto tuo Figlio, presentandolo al mondo con
le braccia spalancate in gesto d’amore. Aiuta i cattolici ad essere
sempre testimoni credibili di questo amore, mantenendosi uniti alla
roccia di Pietro su cui è costruita la Chiesa. Madre della Cina e
dell’Asia, prega per noi ora e sempre. Amen!».
(Preghiera
a Nostra
Signora
di Sheshan)
A cura di Maurizio De Paoli
Quello che eleggerà il successore di Benedetto XVI sarà il Conclave numero 75 pur essendo il numero dei Papi legittimamente eletti finora 265 (compreso Papa Ratzinger). L'istituzione del Conclave si deve a papa Gregorio X, nel 1274 con la Ubi periculum. Prima di allora si parla di riunione elettorale.
Il primo documento di un Pontefice dedicato all'elezione del successore di Pietro risale, però, al 1059. Fu papa Niccolò II che, in quella data, con il suo decreto In nomine Domini restrinse il collegio elettorale ai soli cardinali, mentre la maggioranza dei due terzi per l'elezione fu decisa nel 1179 da Alessandro III. Gregorio X, invece, si preoccupò della libertà degli elettori dalle pressioni esterne e della durata del Conclave.
Preoccupazione legittima visto che per la sua elezione c'erano voluti 33 mesi (la più lunga sede vacante di cui si ha notizia certa). Era obbligatorio attendere 10 giorni (portati a 15 da Pio XI nel 1922) l'arrivo dei cardinali non residenti a Roma, tenere la riunione in un luogo chiuso sia dall'interno che dall'esterno, osservare rigide prescrizioni alimentari. In particolare le razioni di cibo venivano diminuite con il passare dei giorni fino ad arrivare al solo pasto di acqua, pane e vino. Inoltre tutte le rendite dei cardinali riuniti in conclave venivano requisite dal Camerlengo e destinate al nuovo Papa. Più giorni durava il conclave e maggiori erano, dunque, le perdite economiche di chi vi partecipava. Fu forse per questo che, nel primo vero conclave che si tenne ad Arezzo nel 1276, papa Innocenzo I venne eletto in un solo giorno.
Il voto segreto e scritto risale invece alla decisione del 1621 di Gregorio XV, l'ultimo Papa a essere eletto con il metodo detto "quasi ispirazione", in pratica acclamato dai presenti come ispirati simultaneamente dallo Spirito Santo. Il numero dei cardinali elettori fu fissato in 70 da Sisto V nel 1588, in memoria dei 70 anziani d'Israele e portato a 120 da Paolo VI. Papa Montini, con il Motu proprio Ingravescentem aetatem, decise anche che non partecipavano al Conclave i cardinali che avessero già compiuto 80 anni nel momento in cui cominciava la sede vacante. Il conclave che elesse Paolo VI si tenne dopo l'apertura del Concilio Vaticano II.
In tutto sono stati 3 i Concili in corso durante le elezioni di Pontefici: oltre al Vaticano II, il Concilio di Costanza (eletto Martino V) e quello di Trento (eletti Marcello II, Paolo IV e Pio IV). È stabilito che, anche a Concilio o Sinodo aperti, siano sempre i cardinali a eleggere il Papa e non lo stesso Sinodo o lo stesso Concilio. Giovanni Paolo II, con la costituzione universi dominici gregis, tuttora vigente, ha stabilito che la sede dei Conclavi sia la Cappella Sistina, "ove tutto concorre ad alimentare la consapevolezza della presenza di Dio, al cui cospetto ciascuno dovrà presentarsi un giorno per essere giudicato". È stabilito anche che, se dopo 34 scrutini, non si raggiunga la maggioranza dei 2/3 si può stabilire di restringere il voto sui primi due votati. Il Papa eletto, però, anche in questo caso, dovrà raggiungere i 2/3 dei voti. Benedetto XVI, nel 2005, fu eletto da 115 cardinali in soli 4 scrutini (anche allora gli elettori erano 117, ma due cardinali erano assenti per motivi di salute).
Annachiara Valle
Come si racconta a 400 liceali di una scuola pubblica, in genere poco interessati alle vicende della Chiesa e ai fatti religiosi, un evento storico come le dimissioni di un Papa? La domanda se l'è posta Pasquale Troia, 64 anni, docente di religione, biblista, autore di libri di testo adottati nelle scuole italiane (come Credenti in dialogo, un testo per le medie pubblicato da Mondadori).
Troia insegna da oltre 25 anni al Liceo Farnesina, zona nord di Roma, 18 classi, oltre 400 studenti sparsi in varie sedi. «Per prima cosa», racconta il docente, «ho dato agli studenti il testo originale, in italiano, del discorso con il quale Benedetto XVI ha annunciato la sua decisione. Infatti ho sempre pensato che gli studenti devono costruirsi sui fatti del nostro tempo un'opinione personale documentata, andando alle fonti, senza seguire solo quello che rimbalza sulla rete o in televisione».
Dopo l'analisi del testo, il professor Troia ha posto domande in un
questionario distribuito in tutte le classi: che cosa sai del ministero
del Papa nella Chiesa? Che cosa dovrebbe fare il nuovo Papa per un
giovane come te? Che cosa potrebbe fare il nuovo Papa per i poveri di
soldi, di cultura, di coscienza? «I ragazzi», racconta Troia, «sono
stati colpiti dall'umanità del gesto del Papa. "Finalmente fa l'uomo" ha
scritto uno studente. Hanno molto apprezzato l'aspetto umano della
scelta di Benedetto XVI. Mi colpisce notare che la gran parte dei
giovani ha un'idea della Chiesa e del cristianesimo come una realtà
immobile, incapace di trasformazioni che possono arrivare grazie a un
gesto come quello di Papa Ratzinger. Altri hanno scritto che il Papa
doveva restare al suo posto, perché è un simbolo e non poteva rinunciare
alle sue responsabilità».
Alcuni studenti hanno chiesto di andare all'ultima udienza del Papa. «Ma
più che un gesto di vicinanza a Benedetto XVI ho colto più la voglia di
essere comunque a un evento che sarà seguito dai mass media, per poi
poter dire "io c'ero"», osserva Troia. «Non sono mancate», prosegue
il docente, «domande curiose. Un ragazzo del primo anno mi ha chiesto
perché il Papa lascerà il suo incarico proprio alle 20 e non alle 24. Mi
ha sorpreso e io ho risposto che forse il Papa vede nella sua vita un
significato così liturgico da lasciare dopo la Compieta della liturgia
delle Ore. Altri hanno voluto sapere chi fosse Celestino V, molto citato dai media, ma evidentemente poco conosciuto come figura storica».
Molta la curiosità in vista del Conclave. «I ragazzi», racconta
Pasquale Troia, «non riescono a immaginare i cardinali completamenti
isolati dal mondo, senza essere connessi con un telefonino o un
computer. E' complicato anche spiegare l'illuminazione dello Spirito
Santo sui cardinali riuniti in Conclave. I giovani fanno fatica a
percepire questo concetto. Ma ho notato che gli studenti impegnati in
una relazione affettiva lo colgono meglio, evidentemente perché vivono
un sentimento che dà loro una percezione meno razionale delle cose». E al nuovo Papa che cosa chiedono i ragazzi del Liceo Farnesina? «Chiedono soprattutto un nuovo modo di parlare. Gli studenti lamentano che spesso il linguaggio dei preti è per loro incomprensibile, come quello dei politici».
Roberto Zichittella