(Qui sopra, Victoire Tomegah Dogbé in una foto tratta dal suo profilo Facebook)
Un nuovo passo avanti nel cammino delle donne africane ai vertici del potere politico. In Togo, uno dei più piccoli Stati africani, un striscia di terra affacciata sul Golfo di Guinea, tra Ghana e Benin, per la prima volta dall’indipendenza (1960) una donna ha raggiunto la carica di primo ministro. Victoire Tomegah Dogbé, 60 anni, è stata nominata dal presidente Faure Gnassingbé dopo più di sette mesi dalle elezioni presidenziali del 22 febbraio, che hanno portato alla rielezione - contestata dall'opposizione - per il quarto mandato consecutivo del capo di Stato, in carica dal 2005 (anno in cui è succeduto al padre, l'ex dittatore Eyadéma Gnassingbé, che restò al potere per 38 anni, dal 1967 fino alla sua morte).
Giorni fa la Tomegah Dogbé ha formato il suo nuovo Governo e presentato il suo programma politico generale. Nata nella capitale Lomé, laureata in Scienze economiche e gestione d’impresa in Togo, ottenendo poi delle specializzazioni all’estero, la neopremier è una figura molto rinomata e stimata nel suo Paese. La sua carriera politica è stata preceduta da una lunga esperienza nel campo della cooperazione presso il Programma delle Nazioni unite per lo sviluppo (Undp), come responsabile dei progetti prima in Togo, poi nella Repubblica del Congo, in Burkina Faso, infine in Benin. In seguito, ha servito come ministro dello Sviluppo, dell’Artigianato, della Gioventù e dell’Occupazione dei giovani. Durante il suo incarico ministeriale, si è impegnata per sradicare la povertà e la piaga della disoccupazione giovanile.
Secondo i dati dell’African developement bank group, nell'indice di sviluppo umano il Togo si piazza al 165° posto su 188 Paesi. L'economia è in gran parte dipendente dall'agricoltura, oltre che dalla risorse minerarie, in particolare dai fosfati di cui il Togo è uno dei principali produttori al mondo. In un Paese di otto milioni di abitanti, dove più della metà della popolazione vive sotto la soglia di povertà, l’esperienza nel campo gestionale e amministrativo della Dogbé potrebbe fare la differenza nel promuovere un piano di rilancio e sviluppo economico.
Nelle società africane sempre di più le donne arrivano a ricoprire ruoli di primo piano nel campo politico. L’elezione di Victorie Tomegah Dogbé segue a breve distanza quella di Rose Christiane Ossouka Raponda a prima donna premier del Gabon, Stato dell’Africa centrale affacciato sull’Oceano Atlantico (e come il Togo governato da decenni da una sola dinastia, quella della famiglia Bongo). La Ossouka Raponda è stata nominata lo scorso luglio, in un momento di particolare crisi per il Paese (sanitaria, a causa della pandemia del Covid-19, economica a causa del crollo del prezzo del petrolio di cui il Gabon è il quarto produttore nell’Africa subsahariana). Nata nel 1964, laureata in Economia e finanza pubblica, la nuova primo ministro gabonese è stata in precedenza sindaco della capitale Libreville e in seguito ministro della Difesa.
A ottobre del 2018 l’Etiopia ha eletto per la prima volta una donna presidente, Sahle-Work Zewde, 68 anni, con un lungo passato nella diplomazia e nelle Nazioni Unite. A distanza di pochi giorni, un’altra donna, Meaza Ashenafi, avvocata e attivista per i diritti delle donne, fondatrice dell’Ethiopian women lawyers association (associazione delle donne avvocate) è stata nominata presidente della Corte suprema federale dell’Etiopia. Attualmente Sahle-Work Zewde è l’unica donna capo di Stato in Africa. Ma fino al 2018 la Liberia ha avuto una presidente, la prima nel continente africano: Ellen Johnson Sirleaf, in carica per dodici anni. Nel 2011 la capo di Stato liberiana ha vinto il Premio Nobel per la pace assieme alla sua concittadina Leymah Gbowee e all’attivista yemenita Tawakkul Karman, “per la loro battaglia non violenta a favore della sicurezza delle donne e del loro diritto alla piena partecipazione nell'opera di costruzione della pace”.
In Africa il protagonismo politico femminile passa anche attraverso le rappresentanze nei Parlamenti. Nella classifica stilata nel 2017 dall’Unione interparlamentare mondiale dei Paesi che contano il maggior numero di donne nelle loro Camere, al primo posto si è piazzato il Ruanda, seguito da Bolivia e Cuba. Dopo il terribile genocidio del 1994, la rinascita del Paese africano ha scommesso sulla forza delle donne.