Caro dottore (le scrivo così perché la leggo spesso), sono una ragazza di 23 anni. Trovo la rivista in casa di una zia e leggo quello che scrive perché sono interessata all’adolescenza, essendo anche educatrice in parrocchia. Vorrei porle questo quesito: mi capita di incontrare ragazzi (soprattutto maschi) tra i 15 e i 18 anni che sembrano non avere interessi di alcun tipo. Vivono tranquilli con il loro piccolo gruppo di amici, passano le giornate ridendo e (spesso) fumando, ma non aderiscono a nessuna proposta, anche quelle divertenti. Sembrano sempre stanchi e scocciati. Saranno anche immaturi, ma mi sembra che dicendo così li si giustifichi. Ne incontra anche lei? Che cosa ne pensa? NOEMI
— Cara Noemi, poni un problema davvero complesso. Ragazzi che sembrano trascinare le loro vite nell’eterno presente del divertimento: le chiacchiere sulla panchina con gli amici, relazioni amorose vissute senza particolare coinvolgimento, videogiochi usati come passatempi totali, la scuola come un fastidio necessario. Chiedono poco alla vita, e danno poco. Nessun pensiero riguardo alle scelte da compiere. Pigrizia è un termine molto usato per indicare questo atteggiamento, ma troppo generico. Finisce per semplificare la questione attribuendola a un tratto del carattere. Come dire: “È fatto così, che cosa ci possiamo fare?”.
Molti e complessi sono i fattori che contribuiscono a questi atteggiamenti dei ragazzi. Se volessi approfondirli, ti consiglierei di leggere Adolescenti senza tempo dello psicoanalista Massimo Ammaniti. Nella pratica quotidiana, che cosa si può fare? Sarebbe un errore considerarli atteggiamenti provocatori, e irritarsi, o al contrario lasciar perdere. Meglio invece provare a capire insieme che cosa preoccupa dell’impegno stabile, del definire una direzione verso cui andare. Per fare questo, si può provare a stare lì con loro, in silenzio, senza dare giudizi sul loro modo di trascorrere le giornate, per far emergere piano piano insieme a loro che cosa c’è di vitale nella loro esistenza: il senso di un videogioco, un’amicizia più profonda delle altre, una materia scolastica che suscita più interesse.
Mi sembra poi che questi ragazzi vivano spesso un vuoto di esperienze significative, cioè fuori dalla loro zona di sicurezza, che in genere coincide con la casa di famiglia. Vanno proposte esperienze di contatto con la vita vera, che richiede sempre una certa fatica per ottenere qualcosa in cambio. Il ventaglio è ampio: dal volontariato solidale alla difesa della natura. Dal trekking al viaggio all’estero. Non aderiranno con entusiasmo, ma si possono comunque coinvolgere, con il necessario contributo delle loro famiglie