Ricorda che «la politica è una forma alta di carità» e torna a pregare per la politica, papa Francesco. Perché «in questo momento di pandemia cerchino insieme il bene del Paese e non il bene del proprio partito».
Nell’omelia commenta il Vangelo che racconta dell’incontro notturno di Nicodemo con Gesù. «Nicodemo è un capo dei giudei, un uomo autorevole; sentì la necessità di andare da Gesù. Andò di notte, perché doveva fare un po’ di equilibrio, perché coloro che andavano a parlare con Gesù non erano guardati bene», ricorda Bergoglio. Nicodemo era un fariseo, ma un «fariseo giusto, perché non tutti i farisei sono cattivi: no, no; c’erano anche farisei giusti. Questo è un fariseo giusto. Sentì l’inquietudine, perché è un uomo che aveva letto i profeti e sapeva che questo che Gesù faceva era stato annunciato dai profeti. Sentì l’inquietudine e andò a parlare con Gesù. “Rabbì, sappiamo che sei venuto da Dio come Maestro”: è una confessione, fino a un certo punto. “Nessuno, infatti, può compiere questi segni che Tu compi se Dio non è con lui”. Si ferma davanti al “dunque”. Se io dico questo … dunque … E Gesù ha risposto. Rispose misteriosamente, come lui, Nicodemo, non se l’aspettava. Rispose con quella figura della nascita: se uno non nasce dall’alto, non può vedere il Regno di Dio». Nicodemo sente confusione «non capisce e prende ad litteram quella risposta di Gesù: ma come si può nascere se uno è adulto, una persona grande? Nascere dall’alto, nascere dallo Spirito. È il salto che la confessione di Nicodemo deve fare e lui non sa come farla. Perché lo Spirito è imprevedibile. La definizione dello Spirito che Gesù dà qui è interessante: “Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito”, cioè libero. Una persona che si lascia portare da una parte e dall’altra dallo Spirito Santo: questa è la libertà dello Spirito. E chi fa questo è una persona docile e qui si parla della docilità allo Spirito», spiega.
E dunque non si è cristiani soltanto perché si seguono i comandamenti. «Si devono fare», precisa Francesco, «questo è vero; ma se tu ti fermi lì, non sei un buon cristiano. Essere un buon cristiano è lasciare che lo Spirito entri dentro di te e ti porti, ti porti dove lui vuole. Nella nostra vita cristiana tante volte ci fermiamo come Nicodemo, davanti al “dunque”, non sappiamo quale passo fare, non sappiamo come farlo o non abbiamo la fiducia in Dio per fare questo passo e lasciare entrare lo Spirito. Nascere di nuovo è lasciare che lo Spirito entri in noi e che sia lo Spirito a guidarmi e non io, e qui, libero, con questa libertà dello Spirito che tu non saprai mai dove finirai».
E sottolinea che anche gli apostoli si fecero portare dallo Spirito. «Erano nel Cenacolo, quando venne lo Spirito uscirono a predicare con quel coraggio, quella franchezza … non sapevano che sarebbe successo questo; e lo hanno fatto, perché lo Spirito li guidava. Il cristiano non deve fermarsi mai soltanto al compimento dei Comandamenti: si deve fare, ma andare oltre, verso questa nascita nuova che è la nascita nello Spirito, che ti dà la libertà dello Spirito».
È quanto accade anche alla comunità cristiana di cui parla la prima Lettura. Giovanni e Pietro tornano dall’interrogatorio che gli hanno fatto i sacerdoti e riferiscono quanto accaduto. La comunità si spaventa, ma subito comincia a pregare. «Non si sono fermati a misure prudenziali, “No, adesso facciamo questo, andiamo un po’ più tranquilli …”: no. Pregare. Che fosse lo Spirito a dire loro cosa dovessero fare. Innalzarono la loro voce a Dio dicendo: “Signore!”, e pregano. Questa bella preghiera di un momento buio, di un momento in cui devono prendere delle decisioni e non sanno cosa fare. Vogliono nascere dallo Spirito, aprono il cuore allo Spirito: che sia Lui a dirlo … E chiedono: “Signore, Erode, Ponzio Pilato con le nazioni e i popoli di Israele si sono alleati contro il tuo Santo Spirito e Gesù”, raccontano la storia e dicono: “Signore, fa’ qualcosa!”. “E ora, Signore, volgi lo sguardo alle loro minacce”, quelle del gruppo dei sacerdoti, “e concedi ai tuoi servi di proclamare con tutta franchezza la tua Parola” – chiedono la franchezza, il coraggio, di non avere paura – “stendendo la tua mano affinché si compiano guarigioni, segni e prodigi nel nome di Gesù”. “E quando ebbero terminato la preghiera, il luogo in cui erano radunati tremò, e tutti furono colmati di Spirito Santo e predicavano la Parola di Dio con franchezza”. È successa una seconda Pentecoste, qui».
I discepoli, le prime comunità «davanti alle difficoltà, davanti a una porta chiusa, che loro non sapevano come andare avanti, vanno dal Signore, aprono il cuore e viene lo Spirito e dà loro quello di cui hanno bisogno e vanno fuori a predicare, con coraggio, e avanti. Questo è nascere dallo Spirito, questo è non fermarsi al “dunque”, al “dunque” delle cose che ho sempre fatto, al “dunque” del dopo i Comandamenti, al “dunque” dopo le abitudini religiose: no! Questo è nascere di nuovo. E come si prepara uno a nascere di nuovo? Con la preghiera. La preghiera è quella che ci apre la porta allo Spirito e ci dà questa libertà, questa franchezza, questo coraggio dello Spirito Santo. Che mai saprai dove ti porterà. Ma è lo Spirito».
E poi le parole per la comunione spirituale:
«Ai tuoi piedi, o mio Gesù, mi prostro e ti offro il pentimento del mio cuore contrito che si abissa nel suo nulla e nella tua santa presenza. Ti adoro nel sacramento del Tuo amore, l’Eucaristia. Desidero riceverti nella povera dimora che ti offre il mio cuore; in attesa della felicità della comunione sacramentale voglio possederti in spirito. Vieni a me, o mio Gesù, che io vengo da Te. Possa il tuo amore infiammare tutto il mio essere per la vita e per la morte. Credo in Te, spero in Te, ti amo».