Anche quest’anno ai consigli di classe ho sentito dai docenti dei miei quattro figli – due alle medie e due alle superiori – la fatidica frase: «Siamo indietro con il programma». Mi viene da sorridere ogni volta e mi chiedo, vista la mia lunga esperienza alle assemblee di classe, come sia possibile essere sempre indietro con il programma. Ho anche la sensazione di una scuola che non riesca a finire il programma da sempre, visto che le riunioni fotocopia ci parlano di autori, di storia e di teorie scientifiche che già studiavo io ai miei tempi. Credo che più che finire il programma sarebbe da ripensare.
LUCA
Caro Luca, sfondi una porta aperta! Tu quattro figli, io 32 anni di insegnamento e tanti consigli di classe e ogni volta a ripetere le stesse cose. Qualche volta mi sembra di essere l’interprete del film Il giorno della marmotta, quello in cui il protagonista ogni giorno si ritrovava nel giorno precedente e ripeteva esattamente le stesse azioni, ma solo lui se ne rendeva conto. Mi succede ogni volta che sento dire dai colleghi “siamo indietro con il programma”, e ti dirò che mi sono anche un po’ stancata di ripetere che i programmi teoricamente non esistono più ma ci sono le linee guida. Queste linee guida, chiamate indicazioni nazionali, non sono un elenco di argomenti riferiti alle diverse discipline che dovranno poi essere studiati dalle scuole di tutta Italia.
Non impongono in quali classi devono essere affrontate certe tematiche, ma piuttosto delimitano un perimetro all’interno del quale ogni scuola, e se vogliamo ogni classe, costruisce il percorso che riterrà più idoneo seguire pure in base agli studenti con cui ci si troverà a confrontarsi. Anche perché, come è ben descritto dal libro L’anima della scuola di Rossella Barzotti e Roberto Cetera di cui consiglio la lettura, il mondo negli ultimi quarant’anni è cambiato più di quanto sia avvenuto dall’inizio dell’umanità a quarant’anni fa.
Gli unici che a volte sembrano non essersene accorti sono coloro che continuano a pensare i contenuti scolastici uguali a quelli studiati da ragazzi sui banchi di scuola e prima ancora studiati dai loro padri. Il paradosso alla fine risulterà che, ancora oggi, il programma di storia finisce quasi sempre alla Seconda guerra mondiale, tanto che i ragazzi avranno più conoscenze su Federico II che su Aldo Moro. Caro Luca, il consiglio che mi sento di darti è che quando alla prossima riunione sentirai dire “siamo già indietro col programma”, fai un bel respiro, alza la mano, chiedi la parola e afferma: “Ma come è possibile visto che i programmi non esistono più?!”